INFLAZIONE E TASSI

Inseguendo la planata morbida dei prezzi

di Francesco Morosini

L’inflazione ricorda la famosa frase del presidente cinese Mao del 1937, per il quale la guerriglia si muove come un «pesce nell’acqua». Nulla più di un’analogia che però ci ricorda che anche la corsa dei prezzi senza l’acqua - ovvero le politiche monetarie lasche da anni delle autorità monetarie - finisce. Ecco perché quando c’è inflazione i banchieri centrali fanno annunci severi di aumenti dei tassi. Il motivo è che, rendendo più caro il denaro, l’economia reale (quella delle cose materiali) rallenta e il pesce/inflazione in secca annaspa. La recente serie di annunci e conseguenti atti dei presidenti di Federal Reserve (Fed) e Bce ci raccontano di questa battaglia tra banche centrali e prezzi. Ora parrebbe che Francoforte e Washington vedano segni di possibile vittoria nella partita coi prezzi. Infatti, sia il presidente della Fed Jerome Powell che l’omologa per la Bce Christine Lagarde parlano di inflazione in rallentamento. Sono ancora pronti ad alzare i tassi d’interesse, ma escludono eccessi. Insomma, se i prezzi battono in ritirata basterà una frenata monetaria d’accompagnamento dolce. Ottima cosa per i banchieri centrali se si potesse uscire dall’alta inflazione, rallentando sì, ma con un atterraggio morbido. Altrimenti se brusco, la politica si irrita (perde voti) e prova a rivalersi minacciando la loro autonomia e indipendenza. Pure l’inflazione è un gioco politico con vincitori e sconfitti: tra questi i consumatori. Il «che fare?» implica capire se l’inflazione abbia davvero raggiunto l’apice, ma pare evidente che ad esempio nell’Eurozona essa stia rallentando. Piccola cosa, ma poco è meglio di niente. Eppure, è opportuno andare coi piedi di piombo. Se osserviamo i dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), vediamo in positivo che il costo di materie prime energetiche e alimentari sta in effetti rallentando. La brutta notizia, invece, è che la spinta di queste si è trasferita sull’intero paniere dei beni, che tuttora mostra una tendenza di fondo dei prezzi alla crescita. Più austerity monetaria o più prudenza e sperare? L’atmosfera sa di quest’ultima. Lo dicono espressamente le autorità monetarie, che gradueranno la stretta sperando comunque di abbattere le aspettative inflattive. D’altra parte queste, al di là dei toni, procedono con i piedi di piombo puntando coi propri annunci a una sorta di «effetto spaventapasseri» sui prezzi, perché tale è l’idea di combattere l’inflazione, tenendo comunque i tassi in territorio negativo. Irresponsabilità o saggezza? Quest’ultima, pur coi rischi annessi, in quanto una frenata violenta sarebbe devastante nelle nostre economie finanziarizzate e i banchieri centrali lo sanno. Insomma, dato il rallentamento dei prezzi, oggi è meglio usare il bilancino degli aggiustamenti della politica fiscale che un crash economico via massiccia siccità (l’acqua del pesce/inflazione) monetaria. Le spinte di Bruxelles alla prudenza sul Bilancio del governo Meloni si basano pure su questo. Se i prezzi rallentano, è lecito un sospiro di sollievo. Specie se ciò consentirà alla Bce di agire senza strappi. Tuttavia, l’Italia dovrà essere più prudente di altri Paesi perché facilmente Francoforte, per combattere l’inflazione, ridurrà la protezione sul suo debito sovrano. Nondimeno decisiva è la guerra in Ucraina, in quanto vi si potranno sempre innescare condizioni rialzo dei prezzi per le forniture energetiche. Dal canto nostro poco possiamo fare, salvo evitare la tentazione di battere l’inflazione illudendoci di mascherarne gli effetti/prezzo via deficit. Una tentazione diffusa che induce a ballare un pericoloso «tango argentino». Una via possibile, nel rispetto dell’equilibrio fiscale dei governi, sarebbe riqualificare i quasi mille miliardi di spesa pubblica. Ma pare utopia.

Suggerimenti