L’editoriale

L'era digitale e la sicurezza del Morse

di Fabrizio Colarieti

Nell'era dei satelliti e delle comunicazioni digitali, criptate e intercettabili solo da «orecchie» molto evolute, nell'etere qualcosa che arriva dal passato sta richiamando l'attenzione di radioamatori e ascoltatori. Il fiorire di nuovi conflitti nel mondo e il ritorno alla contrapposizione tra blocchi ha risvegliato l'attenzione su un gran numero di stazioni militari che trasmettono sequenze di numeri e lettere, in fonia ma anche in codice Morse, nella maggior parte dei casi incomprensibili per gli ascoltatori casuali. Punti e linee, a varie velocità, emessi in modo CW (onda continua), che partono da un tasto telegrafico - come quello di Guglielmo Marconi - o da moderne interfacce che trasformano in Morse ciò che si scrive su una tastiera qwerty. Insomma i militari, in mare e in volo, nell'area interessata dal conflitto ucraino, pur potendo avvalersi di strumenti di comunicazione più sofisticati e sicuri - come i satelliti e le reti radio digitali che sono evolute nel corso del tempo - sembrano preferire ancora l'antico codice Morse per comunicare posizioni, ordini e altre informazioni di importanza strategica. Ovviamente crittografando tutto ciò che intendono divulgare.

Una modalità che riporta alla memoria «Enigma», l'apparecchio grazie al quale il geniale matematico inglese Alan Turing decifrò i codici inviati dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Uno dei motivi per cui le forze armate di alcuni Paesi impiegano ancora oggi la telegrafia potrebbe essere legato al fatto che ai militari di molti Stati, considerati ostili o potenzialmente nemici, non è più richiesta la conoscenza del codice Morse. Un linguaggio vecchio quanto la radio, ma talmente vetusto da essere diventato quasi indecifrabile, se non utilizzando tecnologie ad hoc. Garantisce riservatezza e quando occorre veicolare velocemente un messaggio, evitando di passare per i satelliti, notoriamente sorvegliati, potrebbe rappresentare un vantaggio tecnologico. Inoltre il segnale Morse, a differenza della voce, risulta molto più intellegibile a lunghissime distanze e anche in presenza di disturbi o interferenze. Non a caso, in onde corte, sono tuttora attive e molto efficienti - cioè capaci di irradiare segnali di notevole potenza su scala globale - decine di stazioni numeriche, marcatori di frequenza, beacon e altri automatismi tutti riconducibili a basi militari. È il caso delle stazioni russe, ma anche israeliane, che trasmettono ininterrottamente sequenze rigorosamente in Morse, ma anche decine di messaggi crittografati. L'esercito francese, ad esempio, ha una stazione che trasmette messaggi a varie velocità, ufficialmente per addestrare i suoi radiotelegrafisti. La Marina russa, tramite il suo servizio di radiocomunicazione, irradia in onde corte messaggi contenenti comunicazioni strategiche destinate a mezzi navali in superficie e in onde lunghissime ai sottomarini in immersione, non solo in digitale, ma anche in digitale modulato Morse, ed è un'unicità nel campo delle telecomunicazioni militari. I bombardieri strategici e i ricognitori russi sono i mezzi che si affidano maggiormente al Morse, come mostrano foto circolate in rete di tasti telegrafici tra gli strumenti di bordo dei Tupolev TU-95. A rendere ancora più complessa la decodifica dei messaggi è l'utilizzo di caratteri speciali in alfabeto cirillico, un rompicapo per esperti in crittografia e analisti delle intelligence. Del resto il legame tra i russi e il Morse arriva da molto lontano e quanto circola nell'etere ancora oggi testimonia che ha resistito pure alla fine della Guerra fredda.

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