LA MANOVRA

L'era meloni inaugurata da una legge stile Draghi

di Antonio Troise

Chi si aspettava – o temeva - una Legge di Bilancio «sovranista» e anti-europeista è stato seccamente smentito. La prima finanziaria dell’era Meloni avrebbe anche potuto essere firmata dal suo predecessore a Palazzo Chigi, Mario Draghi, improntata com’è al rigore e al pragmatismo. Nulla a che vedere con la prima manovra del governo giallo-verde, con i leader dei Cinquestelle affacciati al balcone di Palazzo Chigi che esultavano per qualche decimale strappato in extremis ai rigidi vincoli europei. Altri tempi. Questa volta le tabelle bollinate dal ministero dell’Economia e firmate dal Presidente della Repubblica sono tutte con il segno della prudenza. Con un orizzonte carico dei bagliori della guerra in Ucraina, e del rischio di una nuova impennata dei prezzi dell’energia, sarebbe stato irresponsabile fare salti nel vuoto. Ma è inutile farsi illusioni. La manovra, già oggi, nasce con un respiro piuttosto corto. I 20 miliardi (sui 35 complessivi) destinati a contrastare la corsa delle bollette di luce e gas sono appena sufficienti per tirare avanti nei prossimi tre mesi. Poi, se i prezzi non invertiranno il trend, sarà necessario trovare nuove risorse. Solo per avere un metro di paragone, quest’anno l’esecutivo guidato da Draghi ha firmato tre decreti-aiuti per un totale di 60 miliardi. La restante parte della Legge di Bilancio dà un segnale ai redditi medio-bassi dei dipendenti, confermando con qualche piccolo ritocco il taglio del cuneo fiscale fino a 35mila euro. Fanno un piccolo passo verso la flat-tax anche gli autonomi con un giro di affari entro gli 85mila euro l’anno. I commercianti incassano lo stop alle sanzioni per chi non usa il Pos sotto la soglia dei 60 euro: una misura che sarà oggetto di un braccio di ferro con l’Ue. Mentre la partita delle pensioni è tutta rinviata all’anno prossimo. Così come il taglio delle tasse o la nuova versione del reddito di cittadinanza, che entrerà in vigore nel 2024. Come a dire: per mantenere le promesse e gli impegni annunciati durante la campagna elettorale ci vorrà più tempo. Ed è difficile immaginare stravolgimenti della manovra durante il suo percorso parlamentare: la premier ha già spiegato ai partiti che sostengono la maggioranza che i margini sono risicati. Per gli eventuali emendamenti ci sarebbe a disposizione solo un tesoretto di 400 milioni. La vera sfida del governo partirà ora. La premier Meloni e la sua squadra dovrà dimostrare sul campo di saper spendere presto e bene le risorse del Pnrr, semplificando il codice degli appalti e recuperando il tempo perduto. Ma non solo. Dovrà anche concentrare gli sforzi per far partire quel nuovo ciclo riformista che serve al Paese per superare le incertezze che frenano gli investimenti e il lavoro, dando risposte concrete a cittadini e imprese. Da questo punto di vista la Legge di Bilancio è solo un primo passo.

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