L’editoriale

L’irreale dialogo tra sordi

di Stefano Valentini

Se il primo tempo della partita sull’autonomia differenziata è finito al Senato, che ha dato il suo via libera al disegno di legge-Calderoli il 23 gennaio scorso, il secondo comincia lunedì 29 aprile alla Camera. Così ha deciso la conferenza dei capigruppo sul testo già approvato da un ramo del Parlamento, e che dà la possibilità alle quindici Regioni a statuto ordinario di legiferare in via esclusiva su 23 importanti materie oggi di competenza concorrente (cioè esercitata insieme dallo Stato e dalle Regioni) oppure che sono di prerogativa solamente statale. Dare la possibilità, non significa devolvere in maniera automatica. Il complesso provvedimento indica le procedure attraverso le quali gli enti regionali che lo richiedono - in prima fila ci sono il Veneto e la Lombardia -, potranno e dovranno concordare con il governo quali materie e quante risorse destinare. A tutto questo seguirà un lungo cammino legislativo tra Conferenza Stato-Regioni (con possibilità di emendamenti presentati dalle commissioni parlamentari preposte), approvazione del Consiglio regionale richiedente e un disegno di legge messo a punto dal governo che il Parlamento dovrà approvare alla fine dell’iter.

Il tutto sulla base di un principio cardine, voluto soprattutto dagli alleati della Lega -il partito che più spinge per l'autonomia- per garantire il rispetto dell'unità nazionale come riaffermato con ripetuti moniti dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: la chiara indicazione dei livelli essenziali di prestazioni, gli ormai celebri Lep che dovranno assicurare un livello minimo di servizi uguali per tutti dal Brennero a Lampedusa. Risorse in aggiunta anche per le Regioni che non richiedano l'autonomia, così da evitare la disparità di trattamento dei cittadini italiani a seconda di dove essi risiedano. Dunque, non un'autonomia stile "liberi tutti" o da repubblichette nella Repubblica, bensì un consapevole e ampio esercizio di nuove responsabilità da parte delle Regioni più intraprendenti, ecco il limite istituzionale che i Lep, ma soprattutto la Costituzione e sentenze della Corte Costituzionale pongono alla riforma. Limiti che, però, non bastano alle opposizioni e a diverse Regioni del Sud, in particolare alla Campania di Vincenzo De Luca, per fugare i sospetti di una secessione mascherata ad opera delle più ricche Regioni del Nord. Tant'è che il Pd parla di "forzatura di mano della maggioranza" l'aver già fatto approdare il testo nell'aula della Camera per la discussione generale. Sull'autonomia differenziata permane, così, il dialogo tra sordi. Ma il centrodestra favorevole e il centrosinistra contrario sembrano dimenticare il vero "parametro" per far partire la novità: i fondi. Senza soldi, l'autonomia sarà solo una bella (o brutta, per l'opposizione) Incompiuta. Specie se poi non andrà in porto l'altra e più grande riforma di natura costituzionale: l'elezione diretta del presidente del Consiglio cara alla destra, per ridare più forza allo Stato a fronte delle rinvigorite Regioni.

Suggerimenti