L’EDITORIALE

La Carrà e un'Italia educata e ottimista

di Ferdinando Camon

La morte di Raffaella Carrà piomba inaspettata. Era un personaggio molto amato in Italia, Spagna, Francia, Olanda, Belgio, Inghilterra, un personaggio vitale, gioioso. Nessuno si aspettava la sua fine, così brusca che la sorpresa soffoca l’angoscia. La sua popolarità era grandissima, non c’è casa italiana, dotata di tv, che non la conoscesse e non la amasse. Ha segnato la storia dello spettacolo, inteso come intrattenimento, coreografia, ballo, canzone. Le sue erano apparizioni ed esibizioni perfette ma innocue, non confermavano e non smentivano, ma facevano volare i minuti e le ore. Allora non capivo, e ancora non capisco, come potesse accadere che qualche sua esibizione venisse censurata. C’è una scena famosa, che fu bloccata ma poi tornò in circolazione, come «la scena dell’ombelico». L’ombelico di Raffaella Carrà è stato importante nella storia della nostra tv. Alberto Sordi ci ha giocato con la sua ironia e lo ha smitizzato. Prima della Carrà l’Italia era l’Italietta, anche la Carrà ha contribuito a svegliarla. Come cantante Raffaella ha avuto successo in tutto il mondo: in Spagna, Francia, Olanda, Inghilterra e nell’America Latina. L’America Latina è un’area importantissima per gli artisti italiani, vengono ad ascoltarti in migliaia, tu sei per loro un inviato della patria lontana e perduta. Han bisogno che tu incarni un’immagine positiva, onesta, apprezzabile. E la Carrà incarnava questa immagine, ovunque. È stata un’icona dell’Italia nel mondo. Dal carattere vitale, dai valori positivi. È morta inaspettatamente. E ora l’Italia vale un po’ meno.

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