EQUILIBRI GLOBALI

La frenata della Cina e i rischi per l'Europa

di Franco A. Grassini

Noi europei ci eravamo abituati a considerare la Cina non soltanto un Paese molto importante, se non addirittura decisivo, per gli equilibri geopolitici e demografici globali, ma eravamo abituati a pensarlo anche in costante crescita economica, con un andamento che lo avrebbe destinato a dominare il mondo. La banca americana Goldman Sachs una decina di anni fa prevedeva che il Gnp (il Pil) della Cina avrebbe superato quello Usa nel 2026 e sarebbe cresciuto del 50% a metà del presente secolo. Più di recente ha rivisto le sue stime, spostando al 2035 come l’anno del sorpasso. Prescindendo dalle previsioni più o meno credibili, un fatto è certo: la Cina sta rallentando e i suoi tassi di crescita sono in frenata perché anche la sua popolazione invecchia. 
E una parte non trascurabile della forza di lavoro è impegnata in servizi sanitari o assistenziali a bassa produttività. Non solo: invano il Partito comunista cinese cerca di persuadere le giovani coppie ad avere figli perché l’andamento demografico non è più così arrembante e c’è un altro colosso, l’India, che di recente ha superato la Cina nella classifica dei Paesi più popolosi al mondo. Lasciando da parte gli studi sulle ipotesi sul futuro, pur necessari per comprendere le scelte strategiche da compiere, un fatto è certo: la Cina è un significativo fornitore di merci e ancora più importante mercato di destinazione per le esportazioni europee ed americane. Ed è appunto in questo ambito che si stanno avendo notevoli novità. Il presidente Usa Joe Biden, preoccupato dalla possibile invasione di Taiwan e dalla imprevedibilità delle decisioni del dittatore Xi, ha introdotto un divieto all’esportazione in Cina di semiconduttori e di altri prodotti tecnologicamente avanzati. Forse non si è reso conto di come una scelta di questo genere possa essere detonatore di un vero e proprio conflitto. Anche noi italiani ed europei corriamo il pericolo che le nostre esportazioni e i nostri approvvigionamenti vengano improvvisamente bloccati come ritorsione al raffreddamento dei rapporti con Pechino (vedi la sempre più probabile disdetta degli accordi sulla cosiddetta Via della Seta). Con le dittature fare previsioni è impossibile. Sarebbe, tuttavia, errato introdurre troppo stringenti limitazioni agli scambi commerciali. Se, disgraziatamente, un simile scenario dovesse verificarsi, c’è da sperare che almeno l’Italia riesca a sopperire, utilizzando il patrimonio di fantasia e creatività di cui è culturalmente dotata ed escogitando qualche proficua scappatoia.

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