SCENARI ECONOMICI

La ricetta che può metterci al sicuro

di Carlo Pelanda

Un numero crescente di analisti, tra cui chi scrive, sta segnalando un rischio prospettico per l’economia italiana: limiti stringenti per il ricorso all’indebitamento combinato con un aumento dei tassi monetari che implica un rallentamento della crescita via restrizione/costo del credito, complicato dalla fine del programma di acquisiti dei debiti nazionali da parte della Bce. In una situazione dove l’Italia ha bisogno di 40-60 miliardi (di denaro pubblico o detassazione) in più di quanto fissato nel bilancio, per sostenere la crescita e compensare danni pandemici e di inflazione dovuti a guerra e/o a restrizioni nelle forniture globali. Entro questo quadro andrebbero inserite misure di sollievo per le aziende italiane intrappolate nella Russia sanzionata e contro-sanzionante (circa 400) e/o che hanno perso export. L’Ue ha sospeso per tutto il 2023 i vincoli del Patto di stabilità e quindi il gap italiano potrebbe essere compensato da più deficit eurocompatibile? Non sarà possibile: l’Ue ha dichiarato, mirando all’Italia, che tale sospensione non deve aumentare il debito. Ciò in teoria sarebbe negoziabile. Ma il mercato finanziario internazionale sta già mostrando che reagirà a extra-deficit senza ombrello europeo aumentando il premio di rischio per comprare/rifinanziare titoli di debito italiano. Tale pericolo sistemico è valutato dal governo italiano peggiore dell’impoverimento eventuale e relativo di parte della popolazione e dell’economia.

L’esecutivo guidato da Mario Draghi si è già adeguato a tale complesso scenario producendo un progetto di bilancio 2023 inferiore al fabbisogno. Tale impostazione è tecnicamente razionale, ma accende guai gravi di impoverimento: chi scrive ha annotato con preoccupazione che il Fondo monetario internazionale prevede una crescita per l’Italia soltanto dell’1%, con il concreto rischio di stagflazione per il 2024. Questi guai possono essere evitati? È possibile mitigarli attraverso una politica economica italiana attiva che si muova decisa e in tempo utile. Da un lato, è improbabile che l’Unione europea attivi uno scudo finanziario a responsabilità finanziaria comune per gestire lo stress economico provocato dal conflitto indiretto con la Russia. Dall’altro, Bruxelles sta convertendo il denaro comune non impiegato per il Recovery Fund (circa 200 miliardi euro) per alimentare il RePowerEu (300 miliardi di euro) e permetterà una revisione adattata alle contingenze del Piano nazionale di resilienza e ripresa (Pnrr) italiano, nonché un impiego più mirato dei fondi strutturali. Se davvero il governo Draghi riuscirà entro il 2022 a intercettare queste opportunità e a favorire la crescita – che comunque appare migliore delle previsioni grazie al traino del settore turistico, in grande spolvero – allora i guai elencati come possibili nel 2024 potranno essere evitati.

 

 

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