IL BALZO DEL PIL

La vera crescita non ha bisogno di riforme

di Antonio Troise

Una performance così non si vedeva da quando sono iniziate le serie storiche del Pil, nel 1995. Con l’aumento del 17,5% nel secondo trimestre il Paese ha messo a segno un record. Meglio dell’Italia solo Gran Bretagna e Francia. E, per una volta, ci siamo presi la soddisfazione di superare in volata Canada, Usa, Germania e Giappone. Ma attenti a non lasciarsi trasportare sulle ali dell’entusiasmo. L’ottimo risultato è frutto del gran rimbalzo dell’economia dopo il lockdown. Analizzando l’andamento da un trimestre all’altro, la crescita è del 2,7%, con un aumento del Pil che, a fine anno, dovrebbe superare i 5-6 punti. Al di là delle cifre, il problema è come rendere strutturale il rilancio superando quella sindrome della crescita «zero virgola» che ha segnato il Pil negli ultimi decenni. Tanto per iniziare il Covid non è battuto: ci sono le varianti e sono tornate le zone gialle. Ci sono poi le nuove tensioni geopolitiche, l’Afghanistan in primis. E le ombre che si addensano sui colossi dell’economia, come Cina e Stati Uniti. Senza considerare l’impennata dei prezzi delle materie prime. Un mix di elementi che ha già messo sotto pressione i mercati finanziari. Di fronte a questi scenari c’è poco da scherzare. Dopo aver brindato sui risultati diffusi ieri dall’Istat, è opportuno rimboccarsi le maniche e tentare di consolidare la crescita. Spingendo sulle riforme, per iniziare. Senza perdere di vista l’occasione storica del Pnrr. Solo così potremo evitare che l’impennata trimestrale del Pil non si trasformi nella delusione dell’ennesimo fuoco di paglia.

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