PUNTO DI SVOLTA

Le banche centrali e l'economia in attesa

di Ernesto Auci

Due cattive notizie hanno colto di sorpresa gli esperti che si occupano di previsioni: il Pil tedesco è sceso nell’ultimo trimestre dello scorso anno dello 0,2% mentre si attendeva un risultato vicino allo zero; l’inflazione spagnola è al 5,5% contro una attesa di oltre mezzo punto inferiore. Questo ha aumentato l’incertezza circa l’evoluzione dell’economia europea, nella quale si sono riaffacciati i timori di una recessione, mentre l’inflazione spagnola ha accentuato i timori che la Bce possa insistere con una politica monetaria molto restrittiva. Tuttavia non si deve esagerare con il pessimismo. Certo, questo dimostra che la crisi non è affatto superata, che gli elementi di incertezza circa l’evoluzione futura della nostra economia sono ancora molto forti. È chiaro che di mese in mese ci possono essere segnali contrastanti. È evidente che gli operatori dei mercati, quando la nebbia si fa più fitta, tendendo a essere prudenti e quindi non deve sorprendere se le quotazioni delle azioni scendono di un modesto 0,3%, mentre lo spread dei nostri Buoni di Tesoro con i Bund tedeschi si allarga arrivando a 187 punti (ma non dimentichiamoci che tre mesi fa era a 230). In questo trambusto salgono anche le quotazioni del gas, che arrivano a 57 euro al megawattora, mentre il petrolio continua a scendere collocandosi sotto gli 80 dollari al barile. Per contro, arrivano segnali distensivi da parte degli indici che misurano il «sentimento» degli operatori circa le prospettive economiche, indici che salgono per il terzo mese consecutivo di altre 2,8 punti raggiungendo il livello positivo di medio periodo. Per valutare con un po’ più di sicurezza le prospettive, occorrerà vedere cosa decidono le banche centrali nei prossimi giorni, a partire da mercoledì quando si riunirà la Fed, passando per giovedì quando sarà la volta della Bce, per arrivare a venerdì quando toccherà alla Banca d’Inghilterra. Ci saranno di sicuro aumenti dei tassi, ma è importante che la misura sia quella prevista dai mercati (per la Bce di mezzo punto) e soprattutto che le dichiarazioni dei banchieri centrali non siano tali da imprimere paura agli operatori, peggiorandone le aspettative al di là di quanto non siano già improntate a prudenza. Questo vale per tutti, ma in modo particolare per la Bce che è stata rimproverata da più parti, e da ultimo anche dal governatore della Banca d’Italia , di non comunicare bene le proprie intenzioni e quindi di esaltare incertezze e volatilità dei mercati. In sostanza, come una rondine non fa primavera, così una piccola battuta d’arresto non ci riporta dentro una profonda crisi. Per il momento ci sono alcuni elementi che dimostrano la capacità di resistenza dell’economia italiana . Uno su tutti appare chiaro: l’occupazione continua a salire e, soprattutto, la maggior parte dei nuovi posti di lavoro sono a tempo indeterminato, a dimostrazione che le aziende non prevedono gravi crisi per i prossimi mesi, e anche del fatto che comincia a scarseggiare la manodopera disponibile e preparata per il tipo di lavoro che viene offerto. L’export continua a tenere, mentre gli investimenti, soprattutto quelli legati al Pnrr dovrebbero già dai prossimi mesi dare un robusto contributo alla crescita. Molto dipenderà dal prezzo dell’energia. Con i prezzi attuali si dovrebbe registrare dal prossimo mese un calo del 30-40% delle bollette. Ma non possiamo essere certi su cosa avverrà nei mesi futuri, perdurando l’aggressione russa in Ucraina e non capendo bene come potrà andare l’economia cinese che, se dovesse riprendere velocemente, potrebbe aumentare la domanda di gas e petrolio, spingendo in alto i prezzi. Ma la nostra politica non può star ferma, con le mani in mano. Deve proseguire l’opera di snellimento burocratico appena accennata, deve creare un ambiente più favorevole a chi è disposto ad assumersi il rischio di fare nuovi investiment i, deve sostenere ricerca e miglioramento tecnologico, evitando di buttare soldi pubblici in bonus o sgravi fiscali che interessano ristrette categorie di cittadini e che non hanno alcun effetto di spinta sulla congiuntura con vantaggi per tutti, per gli occupati e per i giovani che attendono buoni posti di lavoro.

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