L’editoriale

Lo Zar rieletto e il destino dell’Europa

di Federico Guiglia

Elezioni? Troppo poco. Per i despoti, costretti alla finzione democratica, molto meglio il plebiscito. Meglio esagerare nel voto e nella partecipazione dei cittadini: tanto è tutto prestabilito all’insegna del più impudente e impunibile arbitrio. È andata, dunque, in scena la quinta e scontata «rielezione» di Vladimir Putin, 71 anni, alla presidenza di una Russia blindata, oppressa (l’unico oppositore vero, Alexei Navalny, è stato fatto fuori mentre era nella galera siberiana), e impegnata da due anni in una guerra neoimperialista. Ma nessuno in Patria è oggi in grado di chiamare il regime a rispondere dell’aggressione e dei crimini in Ucraina (per i quali pendono, dal 17 marzo 2023, due mandati d’arresto per Putin da parte della Corte penale internazionale), né dei giovani figli della grande madre Russia mandati a morire come soldati, a migliaia, per volontà di potenza dell’ultimo Zar. E così all’ombra di Navalny, l’eroe che ha donato la vita per dimostrare che un’altra Russia è possibile, le «elezioni» si sono svolte come da copione. Decine di arresti in varie città, alcune «code di dissenso» ai seggi a mezzogiorno, specie a Mosca

(...) e a San Pietroburgo (come richiesto, all'estero, dalla leader di quel che rimane dell'opposizione, cioè della vedova di Alexei, Yulia Navalnaya), vigilanza militare fin dentro le urne e tutto ciò che doveva rendere l'evento del tutto innocuo per il leader senza rivali.L'incoronazione tramite un voto che poco poteva avere di libero e di trasparente. Tant'è che Putin avrebbe sfiorato il 90 per cento dei consensi. Ma, a prescindere dalle percentuali, l'esito concreto è che con lui il mondo dovrà fare i conti ancora per sei anni, fino al 2030. E forse per ulteriori e altri sei grazie alla Costituzione che proprio Putin - al potere dal 31 dicembre 1999 - ha voluto riformare. Con questa prospettiva «senza fine», intere generazioni nel Paese rischiano di non conoscere alternative al di fuori di quell'uomo solo al comando.E l'Occidente di doversi confrontare - potenzialmente fino al 2036 - con una persona inseguita dalla giustizia internazionale come un criminale di guerra, ma che è il presidente di un grande Paese decisivo per gli equilibri geopolitici nel mondo. Quanto basta per indurre a riflettere i governi europei e quello nordamericano.Che a novembre sarà alle prese con la sfida per la Casa Bianca tra l'uscente e democratico, Joe Biden e l'ex presidente e repubblicano, Donald Trump alla ricerca della rivincita.La certezza di Putin al Cremlino si scontra con l'incertezza dei leader dell'Unione europea. Che sono uniti nell'impegno di sostenere l'Ucraina, ma divisi sul come e sul fino a quando.Ma è proprio la politica del Putin «riconfermato» a rendere sempre più attuale il grande interrogativo ancora senza risposta: che succede, se cade l'Ucraina? Anche il destino europeo s'affaccia alla frontiera di Kiev.www.federicoguiglia.com

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