LO SCENARIO

Ma l'Italia ha i mezzi per gestire la bufera

di Ernesto Auci

Non abbiamo più tempo. Se vogliamo evitare lo strangolamento delle nostre industrie e il precipitare nella povertà di tanti italiani, dobbiamo intervenire entro le prossime due o tre settimane per calmierare il prezzo del gas e in generale di tutte le fonti energetiche. Gli imprenditori lo stanno gridando sempre più forte. Le imprese , specie quelle industriali, ma anche molte di quelle agricole, non possono sopportare a lungo un rincaro delle bollette di questo livello. L’ultima proposta del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, prevede un tetto al consumo di energia con intervento dello Stato per coprire la differenza rispetto ai prezzi di mercato. Si tratta di stanziare una spesa di circa 50 miliardi di euro per il prossimo anno. Come finanziare una cifra del genere? Per la Confindustria si possono fare dei risparmi nel bilancio dello Stato. Inoltre si deve rinviare a tempi migliori le promesse dei partiti di centrodestra sulla flat tax e l’ennesimo anticipo dei tempi per la pensione. Se questo non dovesse bastare il presidente di Confindustria sostiene , e questa è una vera novità, che lo Stato dovrebbe ricorrere all’ennesimo aumento del deficit. Si tratterebbe di uno scostamento di bilancio che potrebbe essere accettato dai mercati finanziari in quanto si tratterebbe di finanziare interventi una tantum, a differenza di quanto aveva proposto da nuova leader inglese che voleva finanziare in deficit una riduzione permanente delle tasse. Del resto oggi la vera emergenza per il nostro Paese, e per l’intera Europa, è la necessità di frenare i prezzi dell’energia. Forse qualcosa si sta muovendo a livello di Bruxelles dove sembra che al vertice del 20 ottobre si possa arrivare a un compromesso se non sulla fissazione di un tetto uguale per tutti, almeno sulla possibilità di finanziare in comune i prestiti che servono ai vari Stati per calmierare i prezzi di mercato. Sarebbe un buon aiuto, specie per i Paesi più indebitati come l’Italia. Del resto, se non si riuscirà ad agire con tempestività, la crisi economica che tutti i principali centri di previsione economica vedono avvicinarsi a grandi passi soprattutto per il 2023, potrebbe davvero essere molto profonda e lunga. Se i prezzi dell’energia costringeranno tante aziende a chiudere i battenti, sarà poi difficile recuperare le capacità produttive e riprendere il cammino. Ormai è evidente che l’economia italiana, come quelle della maggior parte dei Paesi europei, entrerà nei prossimi mesi in recessione. Il Fondo monetario internazionale stima che, mentre quest’anno cresceremo ancora di oltre il 3%, per il prossimo anno il Pil calerà dello 0,2%. Meglio del resto dell’Europa, ma pur sempre una riduzione del reddito disponibile. Anche la necessità di vincere l’inflazione che sfiora il 10% , sta portando le banche centrali ad aumentare i tassi d’interesse, cosa che determinerà una frenata degli investimenti e a una riduzione dei consumi delle famiglie i cui redditi sono da un lato falcidiati dall’aumento dei prezzi e dall’altro dall’aumento del costo dei prestiti, che rallenterà gli acquisti di beni durevoli. Quanto durerà questa recessione? Nonostante la situazione internazionale sia molto incerta anche a causa del perdurare della guerra tra Russia e Ucraina, non mancano autorevoli esponenti del mondo economico che si mostrano meno catastrofici e cercano di infondere un po’ di ottimismo nella pubblica opinione. Uno per tutti è Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa San Paolo, la più grande banca del Paese, il quale ha assicurato non solo il sostegno della sua banca alle imprese per far fronte al alla crisi energetica, ma ha affermato che l’attuale è una crisi che nel giro di tre-quattro trimestri potrà essere superata, che le imprese italiane sono molto forti e che quindi, se ci sarà una seria cooperazione tra governo e forze sociali, si potranno porre solide basi per una ripresa capace di rimetterci al passo almeno con i ritmi di crescita degli altri Paesi occidentali. Non si può sperare nei miracoli. Ma siamo alla vigilia dell’insediamento di un nuovo governo che dovrà decidere quali sono le priorità. Dalle sue prime mosse dipenderà la reputazione sia interna che internazionale. Speriamo che segua un’agenda razionale e non voglia cedere alla tentazione di guadagnare immediata popolarità, sperperando le poche risorse disponibili per soddisfare i propri seguaci.

Suggerimenti