Riforma storica e pasticci romani

Con il voto finale previsto per oggi Renzi si accinge, secondo le previsioni, a condurre in porto l'ammiraglia delle riforme: la fine del bicameralismo, infatti, ha di diritto una valenza storica nella storia repubblicana e chiude un dibattito faticosamente trascinatosi per tre decenni.Ma per il premier non è il momento di far festa perché l'impatto del pasticciaccio romano insieme alla lite che si è aperta sulle unioni civili fortemente osteggiata da Alfano, rischia di compromettere l'effetto di un oggettivo successo. L'incidenza degli interventi già attuati nel mercato del lavoro insieme con i positivi segnali che arrivano dall'economia potrebbero non bastare a restaurare lo smalto del Renzi delle origini, quello che sfoderava sicurezza e persino arroganza quando la vecchia guardia del partito minacciava (a vuoto) fuoco e fiamme.L'estenuante trattativa con la minoranza del Pd su poteri e sistema elettorale del nuovo Senato prima e poi la vicenda Marino conclusasi (per ora) con un'uscita di scena dai contorni quasi surreali hanno riportato indietro gli orologi della politica. Di colpo trattative notturne, frenetici cambi di casacca, emendamenti a raffica sono tornati a farla da padrone e, di conseguenza, a dare la sensazione ai non addetti ai lavori, e non solo a loro, che l'ora del cambio di passo non sia ancora scoccata. Poco importa se la minoranza del Pd porta a casa un bottino piuttosto esiguo e Renzi il chirurgo-sindaco l'ha dovuto subire e non ha mai nascosto di ritenerlo inadeguato all'impresa di guidare la macchina amministrativa della capitale. A contare, per ora nell'opinione pubblica e in prospettiva nelle urne, è la boccata d'ossigeno che le tensioni degli ultimi mesi hanno offerto all'antipolitica, a quel no a tutto e a tutti, alla mitizzazione della Rete come arena democratica che appariva in via di metabolizzazione. Bene ha fatto il premier a non cedere almeno finora ad un'altra delle cattive abitudini della vecchia politica: prendere tempo, ipotizzare rinvii (come nel caso delle elezioni di Roma). Si tratta, infatti, di un armamentario arrugginito e fatiscente destinato a scoppiare tra le mani di chi volesse utilizzarlo.La strada è obbligata e lo è anche la velocità di crociera: rallentare per Renzi non è un'opzione praticabile. E lo è ancora meno andare avanti costi quello che costi, pagando prezzi troppo alti. Dalla sua il presidente del Consiglio ha la ripartenza del sistema Italia. Una ripresa che non è certo travolgente, ma che basta ad allontanare il rischio concreto di una crisi fuori controllo. È su questo che il premier si gioca il futuro, per un piano B non c'è spazio. E nemmeno tempo.

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