L’EDITORIALE

Sei mesi con Draghi e le sfide in arrivo

di Antonio Troise

Sei mesi e un giorno. Il 5 febbraio cominciava la navigazione di Draghi nei Palazzi della politica. Il viso tirato, un po’ di imbarazzo, l’emozione della prima volta. Poi, i due giri di consultazioni. Da una parte il premier che ascoltava e prendeva appunti. Dall’altra i leader dei partiti, tutti un po’ a disagio di fronte a una personalità non solo forte ma anche «inedita» nel teatrino della politica. E, in effetti, il metodo-Draghi non ha tardato a far sentire i suoi effetti. Ascoltare per decidere. Così, in poco meno di 180 giorni, l’ex banchiere centrale è andato avanti per la sua strada, senza lasciarsi tirare dalla giacca da questa o quella forza politica. Una decisione dopo l’altra: il piano vaccini, le semplificazioni, il Green pass, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, promosso a pieni voti da Bruxelles. Perfino la riforma della Giustizia, tormentone di tutti gli ultimi esecutivi, è riuscita ad approdare in Parlamento e fare il primo passo alla Camera. In attesa del varo definitivo al Senato. Un punto a favore di un Paese che, nel passato più o meno recente, di riforme ne ha promesse tantissime ma realizzate assai poche. E neanche a dire che il contesto politico sia stato idilliaco. Fra il cambio di vertice nel Pd, con la staffetta Zingaretti-Letta, il terremoto all'interno dei Cinquestelle prima della nomina di Conte e la competizione Salvini-Meloni, i partiti hanno continuato a litigare. Ma Draghi non ha quasi mai battuto ciglio, ha ascoltato tutti ma non ha mai rinunciato al suo ruolo super-partes. Su tutti i dossier ha imposto il suo pragmatismo, anche linguistico: basta ricordare l'ormai storico «whatever it takes», le tre paroline che salvarono l'euro dalla bufera dei mutui sub-prime. Certo, con l'inizio del nuovo semestre, quello «bianco», la navigazione diventerà più difficile. Ci sono da affrontare i nodi della ripresa e delle riforme che Bruxelles chiede all'Italia. Il tutto con la sfida delle sfide: la successione a Mattarella. La partita di Draghi è tutt'altro che finita. E non è detto che il suo impegno non possa proseguire anche oltre la nomina del nuovo Presidente della Repubblica. Magari con un bis dell'attuale inquilino del Colle che traghetti il Paese alla fine della legislatura, portando fuori dall'emergenza Covid. Perché su un dato è difficile non essere d'accordo: trovare un altro Mario Draghi nella politica italiana è un'impresa praticamente impossibile.

Suggerimenti