L’emergenza

Sos mutui per 200 mila famiglie

di Antonio Troise

Era ampiamente prevedibile che la stretta monetaria, decisa dalla Banca centrale europea per combattere l’inflazione, si scaricasse sull’economia reale. Ma ormai siamo in piena emergenza. Quasi due anni di rialzi dei tassi di interesse hanno messo alle corde i bilanci delle famiglie italiane. Con una stangata che supera il 65 per cento, fin a 4.400 euro all’anno su un mutuo a tasso variabile per un importo compreso fra i 125 mila e i 150 mila euro e una scadenza di 25 anni, quello più utilizzato dagli italiani. Il risultato è che almeno duecentomila famiglie a livello nazionale non riescono più a pagare le rate a fine mese. Il trend rialzista, almeno in base agli ultimi dati diffusi ieri dalla Banca d’Italia, non si è fermato neanche a ottobre: i tassi di interesse sui prestiti erogati alle famiglie per l'acquisto di abitazioni, comprensivi delle spese accessorie (tasso annuale effettivo globale, Taeg) sono saliti al 4,72% dal 4,65% di settembre. Un record: per trovare un livello simile dobbiamo tornare indietro diversi anni, precisamente fino al 2009. Insomma, per chi ha acceso mutui a tassi variabili, oppure per chi deve ancora indebitarsi per acquistare un’abitazione, il momento è sicuramente poco favorevole. Per chi può, il consiglio è di attendere qualche mese, dal momento che dalle parti di Francoforte, la sede della Bce, il clima «rialzista», che ha segnato il barometro dei tassi dal 2022, sta rapidamente cambiando. I più ottimisti sperano che entro la prossima primavera possano arrivare i primi ribassi, i più pessimisti spostano il traguardo a giugno. Ma ormai è evidente che la stretta monetaria decisa dall’istituto centrale per battere l’inflazione ha i mesi contati. Anche perchè, nel frattempo, i prezzi al consumo hanno finalmente invertito la rotta, portandosi su livelli sicuramente meno allarmanti rispetto al 10% di appena un anno fa. Per le famiglie italiane si tratta, sicuramente, di una buona notizia. Ma l’Italia non deve commettere errori sul fronte della finanza pubblica, dal momento che deve fare i conti con un debito monstre che ha raggiunto il 140% del Pil e rimarrà su questo livello ancora per un bel po’ di tempo. Inoltre, l’Europa deve riuscire a trasformare il patto di stabilità e crescita in un accordo orientato anche sullo sviluppo e non solo sul rigore. Per ora, i segnali che arrivano da Bruxelles, non sono proprio incoraggianti. E bene ha fatto il governo a puntare i piedi sul tema degli investimenti da tenere fuori dal calcolo del deficit, mettendo sull’altro piatto dalla bilancia il via libera alla revisione del Mes, che amplierebbe il suo raggio di azione trasformandosi anche in una sorta di estintore proprio contro le crisi bancarie. Vedremo se nel Consiglio europeo che comincia domani prevarrà il buon senso. O se, fra qualche mese, dopo la stretta monetaria, dovremo fare i conti con una nuova recessione. 

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