L’editoriale

Tassi fermi La prudenza della Bce

di Ernesto Auci

La Banca centrale europea, per bocca della sua presidente, Christine Lagarde, ha compiuto un nuovo piccolo passo sulla strada che porterà a giugno alla riduzione dei tassi d’interesse. Ma lo ha fatto con grande cautela affermando che l’inflazione sta scendendo in Europa, ma che per cambiare verso alla politica monetaria occorre attendere che le tendenze siano più consolidate. Insomma, come ha detto la presidente Lagarde, la Bce non vuole anticipare le tendenze, bensì si limiterà a seguire gli indicatori statistici, cioè vuole essere ben sicura che il fuoco dell’inflazione non covi sotto la cenere. Quindi per ora i tassi sono rimasti invariati (quello principale al 4,5%), tuttavia c’è un po’ più di ottimismo. Purtroppo negli ultimi giorni a livello generale sono emersi segnali contraddittori. Il prezzo della benzina è risalito in Italia verso quota 1,90 euro al litro e anche i tassi d’interesse stanno producento effetti al rialzo sia sui titoli di Stato che sullo spread rispetto al Bund tedesco passato da poco più di 120 punti a quasi 140 punti di ieri. Forse si tratta di fenomeni occasionali e non di una frenata della tendenza alla riduzione dei prezzi dell’energia e, di conseguenza, dell’inflazione. Anche negli Usa l'andamento dei prezzi non sembra del tutto rassicurante e così la Fed appare meno certa di procedere rapidamente verso una riduzione dei suoi tassi d'interesse. E di conseguenza anche le Borse hanno registrato qualche pausa nel trend rialzista che dura ormai da oltre un anno.In buona sostanza la Bce guarda con attenzione a quello che succede nell'economia . In particolare vuole monitorare gli incrementi salariali sperando che siano assorbiti dagli utili delle aziende e non si scarichino sui prezzi di vendita dei prodotti ridando così fiato alla corsa dei prezzi. In sostanza la politica monetaria tende ad avere una economia che cresce ma senza squilibri. Gli incrementi salariali che anche i banchieri di Francoforte ritengono corretti per far recuperare il potere d'acquisto ai lavoratori che hanno sofferto per la forte inflazione dello scorso anno, devono essere legati da un lato alla produttività del lavoro e dall'altro all'equilibrio dei conti aziendali che nel passato hanno beneficiato di un rilevante aumento dei profitti.Naturalmente influirà sulla decisione di abbassare i tassi a giugno anche l'andamento dei conti pubblici. È importante che i deficit statali non tendano a crescere in maniera eccessiva , mentre appare fondamentale concentrare le risorse pubbliche dal lato degli investimenti contenendo dall'altro lato le spese correnti. È quello che il nostro governo sta facendo con il blocco del superbonus, e con la forte riduzione del reddito di cittadinanza . Probabilmente non basta. Ci sono ancora tante spese che somigliano molto a sprechi, e che magari dopo le elezioni europee di giugno, si comincerà a tagliare.La riduzione dei tassi d'interesse e la concentrazione della spesa pubblica sugli investimenti, insieme a qualche riforma a cominciare dall'istruzione e dalla Giustizia, potrebbero dare una spinta alla nostra crescita facendoci superare già quest'anno l'obiettivo dell'1% del Pil che qualcuno ritiene già troppo ambizioso. Se a questo si riuscisse ad aggiungere l'avvio di una profonda revisione del funzionamento della Pubblica Amministrazione che dovrebbe ridurre gli esasperati e formali controlli a priori e puntare sull'ottenimento dei risultati, allora veramente il nostro paese potrebbe inaugurare una stagione di vera crescita e di maggiore occupazione. È un sogno? Molto dipenderà anche dal voto di giugno dei cittadini che dovrebbero accantonare i demagoghi e puntare su quelli che dimostrano di voler lavorare con serietà.

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