FESTA FINITA

UE e patti di stabilità stangata sull'Italia

di Antonio Troise

Fine dei giochi. L’Europa torna ai vecchi parametri del rigore, quelli del 3% per il deficit e del 60% per il debito pubblico. Certo, non è una «restaturazione» completa. I «falchi» tedeschi si aspettavano qualcosa in più dalla riforma del Patto di Stabilità presentata ieri dalla Commissione europea. Soprattutto per i Paesi «cicala» come l’Italia, che hanno vissuto per anni accumulando debiti su debiti. Ma anche così la nuova versione dei famigerati parametri di Maastricht, non ci regala nulla. Anzi. Se passerà la linea più rigida, quella che prevede il rientro graduale in quattro anni, dovremo fare manovre lacrime e sangue dal 2024 in poi, tirando fuori dai nostri bilanci circa 15 miliardi di euro solo per rispettare il Patto. In sostanza, non avremmo neanche un euro a disposizione non solo per tagliare le tasse o per riformare le pensioni. Ma rischieremmo anche di non poter finanziare quegli investimenti che servono per il rilancio del Paese. Insomma, un doppio colpo. La trattativa è ancora in corso. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, si aspettava che almeno le spese legate al Pnrr, uscissero dal perimetro del deficit. Così come le risorse destinata alla transizione digitale o all’innovazione. E non è mancato anche chi ha sottolineato le contraddizioni di un’Europa che da una parte spinge per la crescita e dall’altra introduce la tagliola del deficit. Il problema è sempre lo stesso: l’Unione è un coacervo di economie molto diverse. Ognuna con le sue specificità e i suoi problemi. Ed è ovvio che, per tenere insieme 28 Paesi, è necessario trovare compromessi che non possono accontentare tutti. Ma, probabilmente, dopo la lunga stagione del Covid e, soprattutto, con una guerra dagli esiti incerti nel cuore dell’Europa, sarebbe stato più opportuno un vero e proprio cambio di passo del Vecchio Continente, nella direzione della crescita e non solo nel contenimento dei disavanzi. È vero che Bruxelles ha deciso di chiudere più di un occhio sul parametro che impone un rapporto debito-pil al 60%. In Italia siamo al 145%. La Francia è oltre il 100%. Ma anche così il prezzo che l’Europa ci impone di pagare per difendere l’euro e l’unione monetaria rischia di essere salato. Forse addirittura troppo, per un’economia ancora segnata da forti incertezze e, soprattutto, ad un passo da una recessione. Riusciremo a rispettare i nuovi parametri? Purtroppo dovremo farlo, per evitare sanzioni ancora più pesanti. Ma, con il ritorno delle regole del Patto, anche il nostro Paese dovrà rivedere i suoi programmi e cominciare davvero a fare quelle riforme attese da anni e che sono puntualmente rinviate. Una per tutte, quella semplificazione della macchina amministrativa che ancora impedisce il decollo degli investimenti pubblici e che rende difficile perfino spendere l’ingente dote di risorse del Pnrr. Il tempo a disposizione si è ormai esaurito.

Suggerimenti