EUROPA E ONU

Verso la fine delle ipocrisie

di Federico Guiglia

Papa Francesco, qualche giorno fa, con amara verità, aveva detto: «Assistiamo all’impotenza dell’Onu». Ora che la guerra di Putin ha svelato al mondo il volto disumano dell’esercito aggressore, l’assemblea generale dell’Onu prova almeno a porre fine al crudele equivoco che consentiva alla Russia di far parte del Consiglio dei diritti umani di Ginevra. Contro l’offensivo paradosso è stata presentata una richiesta statunitense per sospendere Mosca sulla base delle notizie «di violazioni e abusi del diritto umanitario internazionale», come spiegava la risoluzione che si deve anche alla mano italiana che l’ha elaborata. Alla fine 93 Paesi, cioè la necessaria maggioranza dei due terzi dei votanti, s’è espressa a favore, 24 i contrari (fra i quali la Cina), 58 le astensioni che non contano, e che includono l’India. Gli schieramenti rivelano l’imbarazzante posizione di Pechino, che negli auspici di molti potrebbe mediare nella crisi, e che si ritrova a contestare «la politicizzazione delle questioni relative ai diritti umani». Quasi nelle stesse ore un’altra assemblea, quella del Parlamento europeo, vota un documento distinto, ma non distante da quello dell’Onu, perché volto anch’esso a cancellare un’atroce ambiguità: continuare a finanziare i carri armati di Putin con il fiume di denaro che i Paesi dell’Unione europea versano a Mosca per usufruire della sua preziosa energia. Embargo totale e immediato delle importazioni di gas, petrolio, carbone e combustibile nucleare dalla Russia, chiedono ora ben 513 eurodeputati con soltanto 22 contrari e 19 astenuti. Dunque, è la richiesta di misure più incisive in confronto ai cinque pacchetti di sanzioni che l'Ue ha già messo in atto per indebolire la Russia nell'incessante e feroce offensiva in corso ormai da 44 giorni. Ma le decisioni dell'Onu e dell'Europarlamento, così come il contemporaneo divieto di importare gas dalla Russia approvato dal Congresso degli Usa (unanime il Senato e solo 9 contrari alla Camera), rivelano non solo che la forma è sostanza, ma che il mondo libero si prepara a un conflitto lungo e doloroso. Espellere la Russia da un comitato di «diritti umani» la cui presenza - al pari di quella della Cina - doveva da tempo apparire quantomeno stravagante, e sollecitare la chiusura del rubinetto del gas perché fonte economico-militare dello scempio sotto gli occhi di tutti, significa che l'Occidente sta disegnando una strategia. E non più solo a parole.

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