«Francesca aveva paura di lui»

di Franco Mondini
IL RACCONTO. Sentito dai carabinieri di Lamarmora un amico bresciano. «Con me si sfogava. Mi raccontava la sua vita». «Una donna spaventata, che subiva pressioni psicologiche. Ma non lo ha mai denunciato»
Le bare di zinco sono state portate via dopo i rilievi della scientifica
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Un amico fedele, capace di dispensare consigli, rincuorare una persona afflitta e soprattutto ascoltare gli sfoghi. Francesca Alleruzzo si confidava con questo amico conosciuto casualmente un tardo pomeriggio di alcuni mesi fa tramite Facebook. E sulla bacheca di Facebook dell'insegnante di San Polo gli amici sono solo sei. Chiara, Omar, Vito Macadino che è stato ucciso insieme a lei domenica alle 3.40, Amelia, Chiara e Mara. Un numero ristretto di amici dei quali potersi fidare. Non dava quindi amicizia a chiunque, come spesso accade sul social network. Questo amico web, fedele amico di Francesca, è stato a lungo sentito dai carabinieri della Stazione Lamarmora ancora nel tardo pomeriggio di domenica. Ha raccontato di questa amicizia sincera con Francesca, aggiungendo - questo emerge dallo stretto riserbo degli inquirenti - di non averla mai incontrata. «Non ci siamo mai visti. Abbiamo solo a lungo chattato su Facebook» ha raccontato l'uomo, un bresciano sulla quarantina. A DISPOSIZIONE dei carabinieri che hanno consegnato il materiale alla Procura anche alcuni messaggi di Francesca all'amico nei quali racconta il suo dramma. La separazione dall'uomo che è stato padre delle sue tre bambine, la paura legata alla gelosia. Le minacce non sempre velate. Un rapporto epistolare che non è stato cancellato. Che è rimasto nella memoria del computer del quarantenne bresciano che domenica ha avuto contatto con i carabinieri e con il luogotenente Giampietro Tiberio che comanda la Stazione di Lamarmora. Proprio Tiberio, anche se San Polo non è di sua competenza a livello territoriale, domenica mattina era in via Raffaello ed ha effettuato un sopralluogo nell'appartamento dove sono stati uccisi i due fidanzati, la figlia di Francesca, Chiara Matalone, avuta dal primo matrimonio e Domenico Tortorici partiti dalla Calabria in cerca di lavoro per Brescia e che qui hanno trovato una fine assurda. AGLI ATTI quanto raccontano oggi le amiche e le conoscenti dell'insegnante e di Vito Macadino che da cinque anni era volontario nella Croce Bianca di Brescia. Nella terza squadra della Croce Bianca anche l'avvocato bresciano Emilia Tosi. «Non entro nel merito della vicenda. Posso dire che Vito era una splendida persona. Lui era nella Terza squadra come volontario da cinque anni. Io da tre. In Croce bianca nascono vere amicizie, che nel tempo si consolidano. Vito più volte mi ha parlato di lui, della sua vita e della sua situazione. Francesca la definiva una donna speciale. Era innamorato». E proprio Vito, «gigante buono della Croce bianca» aveva consigliato a Francesca di rivolgersi all'amica avvocato per sporgere querela per le pressioni psicologiche. Un caso di stalking. Ai primi del mese Francesca si era fatta coraggio e con la figlia Chiara si era recata alla sede della Croce Bianca. «L'ho incontrata. Era spaventata. Ha firmato la separazione consensuale» ricorda il legale. Francesca voleva sentirsi libera. Voleva la sua vita. Ma non ha fatto in tempo a denunciare ai carabinieri o alla polizia le sue paure. i suoi tormenti. Forse sarebbe viva. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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