Dal trasformismo al padenghismo

La Leonessa
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Agostino Depretis, primo ministro di un’Italia quasi appena nata (dal 1876 in poi) la spiegava così: «Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, come posso io respingerlo?». A quei tempi si chiamava «trasformismo», che suona più colto di ribaltone, più elegante di inciucio, ma questo è: la transumanza di deputati, senatori o anche consiglieri di paese dall’opposizione al governo e viceversa, creando nuove maggioranze senza passare dal voto. Una porta girevole che trasforma gli avversari in alleati, una giostra che prima gira di qua e poi gira di là. Succedeva ai tempi di Depretis, agli albori dell’Italia unita, succede dunque da sempre: anche adesso, a Padenghe. Qui il sindaco Albino Zuliani, vicino a Fratelli d’Italia eppure eletto con una lista ampiamente partecipata dal Pd (e già qui non poteva finire bene) ha deciso che non vuole più governare insieme a quelli con cui era stato eletto, ma con gli altri. Licenziati gli assessori di area Pd, ha formato una nuova Giunta con Lega, FdI e Forza Italia. Un po’ come «strega comanda color», o come i governi Conte I e Conte II, ma con una differenza: Padenghe non è una repubblica parlamentare, nei Comuni vige l’elezione diretta. Questo cambio in corsa, allora, non è nemmeno trasformismo. Potremo chiamarlo padenghismo?

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