Il futuro da paesone di tanti piccoli paesi

È stato l’inno generazionale di tutti quelli che dai piccoli paesi facevano fagotto per cercar fortuna, via dall’isolamento dei monti, dall’immobilità dei colli, verso un futuro incerto ma gravido di speranze. Era questa, di Migliacci e Jimmy Fontana, anno 1971: «Paese mio che stai sulla collina, disteso come un vecchio addormentato, paese mio ti lascio e vado via». Eccetera, fino al tormentone «che sarà, che sarà, che sarà della mia vita chi lo sa». Tutta l’incertezza di un avvenire, via dal paesello natìo. Ma oggi la canzone andrebbe riscritta: non sono più i tanti che dai piccoli paesi di montagna se ne vanno a chiedersi che sarà della propria vita. Sono i paesi stessi, più che mai spopolati, a interrogarci: che ne sarà di loro? Della Valsaviore raccontiamo oggi sul giornale l’inarrestabile spopolamento, abbandono di luoghi, storie e identità, di comunità a rischio di rattrappimento. Che sarà di questi paesi? La prospettiva è di non essere più paesi, ma un unico paesone: fare di tutti i 5 Comuni della Valsaviore un unico Comune, abbattendo i costi. La gente è sempre meno: perché spendere per 5 amministrazioni? Fattibile, al netto dei campanilismi. Perché se all’ombra del campanili non c’è più nessuno, meglio unirli che sentirli suonare a morto.

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