La Juventus papale e il Brescia quirinale

È passata un’eternità da quando sugli striscioni allo stadio, ma anche a bomboletta spray sui cavalcavia degli stradoni o a pennarello sulle panchine della stazione, leggevamo per ogni dove «Corioni vattene», dedica allo storico e compianto presidente del Brescia Calcio, che pure al Rigamonti aveva portato Baggio e Guardiola, Hagi e Raducioiu, Hubner e Mazzone, tanta Serie A e anche un po’ d’Europa. Ma già ai tempi degli anti-Gino era chiaro un fatto: che dopo un presidente se ne fa un altro. Come per il Papa, e senza neanche il requisito di dover defungere (vedasi la staffetta in viva vita tra Ratzinger e Bergoglio). Fatto chiaro persino nel più blasonato e dinastico dei club dell’Italia pallonara, la Juventus, dove il combinato di crisi giudiziarie e scossoni gestionali ha cavallerescamente messo alla porta un presidente di nome Agnelli, nientemeno. Perché è così, di solito: dopo un presidente se ne fa un altro. Come in Vaticano. Al Brescia invece (e sono anche qui i garbugli giudiziari a incasinare tutto), si adotta il modello Quirinale: dopo Napolitano ci fu il Napolitano Bis, dopo Mattarella il Mattarella Bis, dopo Cellino c’è il Cellino Bis. Perché non sempre dopo un presidente se ne fa un altro. In mancanza d’altro, si può anche rifare lo stesso.

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