Non siamo mica gli americani (sui diritti)

Non siamo mica gli americani. Non stavolta, almeno. L’eco della sentenza della Corte Suprema, che ha messo fine alle garanzie legali per l’aborto in vigore da quasi 50 anni stabilendo che «la Costituzione non conferisce il diritto», fa gonfiare il petto ai movimenti di destra a stelle e strisce ma non trova ospitalità nei nostri luoghi e nei nostri laghi. Anche qui la decisione controversa divide (in quanto tale) e fa discutere dal Garda al Mediterraneo, da Ponte di Legno a Pantelleria, ma in tutti gli schieramenti i distinguo sono di sostanza. Più delle parole di Emma Bonino, da sempre in trincea per i diritti civili («non sono scritti nel marmo, se non li difendi una mattina ti svegli e non ci sono più») contano quelle di Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia): «Non c’è paragone con gli Usa, il loro quadro normativo è lontano anni luce: da noi l’interruzione di gravidanza è consentita non per una sentenza, ma per una legge votata dal Parlamento». Ci va cauto pure Matteo Salvini («l’ultima parola spetta alla donna»). Festeggia - è l’eccezione - Simone Pillon, che volendo può indossare un cappellino del Missouri: primo Stato ad aver vietato l’aborto dopo la sentenza, seguito a ruota dal Texas che sta nel cuor di Donald Trump: non si escludono ricorsi.

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