Parla il cardinale Giovanni Battista Re:
«Il gesto di Benedetto XVI è sacrificio»

di Giuseppe Spatola
L'INTERVISTA. Il cardinale bresciano, che a marzo si chiuderà in Conclave per eleggere il nuovo Papa, spiega la dottrina che ha spinto Ratzinger a cedere il passo. «Giovanni Paolo II diceva di essersi elevato al soglio grazie alla Divina Provvidenza e ha aspettato Decisioni tanto diverse che rafforzano la Chiesa»
Il Cardinal Re al fianco di Benedetto XVI il 20 giugno del 2007
Il Cardinal Re al fianco di Benedetto XVI il 20 giugno del 2007
Il Cardinal Re al fianco di Benedetto XVI il 20 giugno del 2007
Il Cardinal Re al fianco di Benedetto XVI il 20 giugno del 2007

Brescia. Responsabilità, energia, forza fisica e morale. Il nuovo Papa dovrà essere capace di guidare la Chiesa con «con grande energia». Il successore di Benedetto XVI dovrà essere così, per il bene della dottrina e della chiesa, onorando il grande gesto di responsabilità che ha spinto il Pontefice al passo indietro dal soglio di Pietro.  Un identikit messo nero su bianco, ma sempre con visione prudente, dal cardinale Giovanni Battista Re, bresciano prefetto emerito della Congregazione dei vescovi, nonchè porporato con diritto di voto nel prossimo Conclave.  Benedetto XVI ha deciso di ritirarsi in preghiera. Ma la Chiesa è pronta ad affrontare un cambiamento così improvviso? «Dobbiamo convenire che il gesto compiuto dal Santo Padre è da apprezzare senza ma e senza se. Dico questo ricordando a tutti il coraggio, la serenità mostrata nei confronti di una scelta così importante. Una scelta maturata certamente in tutta coscienza nel silenzio e nella meditazione. Solo così, in un continuo ed intenso dialogo con Dio nella preghiera, il Papa ha scelto. E va apprezzato per l'alto senso di responsabilità dimostrato, anche in una circostanza come questa che è senza dubbio straordinaria».  Per quale ragione la rinunzia di Ratzinger dovrebbe essere «apprezzata» da ogni cattolico? Perchè non si tratta di un abbandono?  «Parlare e pensare al gesto come un abbandono è sbagliato. Benedetto XVI ha compiuto un personalissimo sacrificio di portata storica. Un atto per il bene della Chiesa. Non ha compiuto un passo improvviso nè avventato. Ha certamente riflettuto a lungo, rivolgendosi a Dio in preghiera, ed alla fine è arrivato alla conclusione forse più dolorosa ma sicuramente migliore: si è reso conto di non avere più le energie che gli avrebbero permesso di portare avanti adeguatamente il suo ministero. Essere al servizio della Chiesa, della comunità, è anche questo. Solo una grande figura come Benedetto XVI poteva farlo. Per queste ragioni, senza altre dietrologie, il Santo Padre si è fatto indietro per permettere di dotare la Chiesa di una nuova guida, magari più giovane, sicuramente più forte, capace di affrontare le tante sfide a cui la Barca di Pietro deve far fronte in questi tribolati giorni».  Giovanni Paolo II, però, restò fino alla fine. Anzi, sostenne che «dalla croce non si scende». Come giustifica due comportamenti così agli antipodi?  «Non è possibile fare paragoni. Wojtyla fece un ragionamento diverso rispetto a Benedetto XVI. Giovanni Paolo II diceva di essersi elevato accanto a Pietro perché lo aveva voluto la Divina Provvidenza. «Lascerò quando lo vorrà la Divina Provvidenza», continuava a ripetere anche nei giorni più bui della malattia. Anche questo, in una sofferenza palese, è stato un modo di servire la Chiesa. Certo, Wojtyla prese una decisione differente dall'atto di papa Ratzinger, ma ugualmente efficace. Entrambi i pontefici si sono sacrificati ed hanno messo le loro vite al servizio della cattolicità. Tutto il resto, compreso lo sgomento della Chiesa davanti alla rinuncia di Benedetto XVI deve essere inquadrato in questo contesto e letto con la fede». Parola e fede di Cardinale che a fine mese si appresterà a eleggere il suo secondo papa: dopo Benedetto XVI e prima del futuro Pontefice. Ma guai a chedere al Cardinal Re cosa farà in Conclave. Che via sceglierà il Conclave?  «Su questo calo il velo. Non voglio parlare nè esprimere giudizi o speranze». E dire che in Vaticano, tra i porporati più in vista, il suo nome conta assieme a quello di Bertone e Scola. giuseppe.spatola@bresciaoggi.it

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