FUMETTI

Gigi Simeoni:
«Il mio Tex
è inquieto»

di Sara Centenari
Esce «La banda Hogan» per l’editore Bonelli Da quattro anni il fumettista firma anche Dylan Dog «Mi scelse Tiziano Sclavi: lesse un mio lavoro horror»
Il fumettista bresciano Gigi Simeoni
Il fumettista bresciano Gigi Simeoni
Il fumettista bresciano Gigi Simeoni
Il fumettista bresciano Gigi Simeoni

Dalle tenebre alla luce accecante. Dagli incubi dell’inconscio che prendono forma all’etica quadrata, petrosa e malinconica del vecchio West. Questo percorso dal buio alla luce - da Dylan Dog a Tex Willer - definisce l’ultima affascinante peregrinazione di successo del bresciano Gigi Simeoni, uno dei più prolifici fumettisti italiani. Preziosa mente e matita di casa Bonelli, l’autore di classe 1967 - e la classe era quella del liceo Calini - ha lasciato le sue tracce sull’«Intrepido», ha disegnato storie di «Nathan Never», è stato uno degli ideatori bresciani di «Hammer» per Star Comics, ha pubblicato il suo «Gli occhi e il buio» e da circa quattro anni è una delle teste più vivaci - disegni e sceneggiature - della galassia Dylan Dog. E venerdì uscirà il suo primissimo Tex: il color tex «La banda Hogan» con la copertina di Tanino Liberatore. L’autore bresciano ha scritto sul web: «Fletto i muscoli e sono nel West».

Il tuffo in questo immaginario, quello del West e della «religione» willeriana, ha sempre affascinato Gigi Simeoni o è qualcosa di lontano dalle sue coordinate?

«Non sono un vero adepto, leggo di tanto in tanto quello che mi ispira di più. Però, tra le letture della mia formazione, c’era anche Aquila della Notte (il nome indiano di Tex). Quindi, possiamo dire che mi scorre nelle vene, insieme a molte altre cose. Sono stato messo alla prova da Mauro Boselli, che cura la testata. L’ho incontrato nel corridoio della casa editrice Bonelli e ha colto al volo l’occasione, chiedendomi se mi andava di scrivere e disegnare una storia breve per il color tex autunnale. Ovviamente, ho colto al volo anche io la mia occasione d’oro!

La vita dei fumettisti è un percorso a cavallo tra le gole del Grand Canyon o è assai più tranquilla?

In genere, la mia vita è piuttosto tranquilla (a parte l’ultimo periodo recente, dato che ho avuto un brutto incidente stradale). Più che l’agguato del gatto di casa, non posso davvero rischiare nulla.

Con la Gazzetta dello Sport è uscito quello che fu il primo esperimento con Dylan Dog di Gigi Simeoni, «Passaggio per l'Inferno». Come è nata l’esperienza con l'indagatore dell'incubo?

«È nata quando io sono andato dal direttore editoriale e gli ho chiesto direttamente di lasciarmi provare con Dylan Dog. Se non hai spirito d’iniziativa, in genere le cose rimangono ferme per anni. All’inizio, mi prospettarono solo un ruolo come disegnatore. Poi Tiziano Sclavi lesse un mio lavoro di stampo horror - testi e disegni - che avevo realizzato per “Le Storie” e che lo convinse a chiedermi di entrare in gioco su Dylan Dog anche come autore, per me stesso e per altri».

E Gigi Simeoni è più un cavaliere senza macchia e senza paura da western classico o un uomo inquieto alle prese anche lui con incubi e demoni?

«Incubi e demoni, ci mancherebbe. La perfezione deve essere di una noia pazzesca».

«Chiacchierata fitta-fitta» giorni fa con un caro amico: Bruno Bozzetto. Un ritratto dell’autore di «Vip mio fratello superuomo» e altre meraviglie d’animazione?

«È straordinario. Ha una ricchezza d’animo invidiabile, è curioso come doveva esserlo a 15 anni, inventivo e instancabile. Quando chiacchiero con Bruno, mi diverto come se fossimo due ragazzini seduti sul muretto, con le ginocchia sbucciate e le briciole della merenda sulle braghe. Siamo capaci di toccare decine di argomenti, senza sosta, tradendo da ogni cosa un motivo per farci una risata».

Quali ricordi del liceo Calini? Il fumetto era già centrale?

«Ho sempre pasticciato con balloon, onomatopee e vignette. Però a quel tempo mi limitavo a «iniziare», senza mai concludere. Decine di inizi, anche pirotecnici, che finivano di botto senza spiegazioni. Poi, dopo il liceo, mi iscrissi allo Studio di arti visive di Rubèn Sosa - il grande fumettista argentino che viveva a Brescia - per strutturarmi su tecnica e scrittura. Prima viene il progetto, sempre. Scalpitavo per disegnare, ma mi costrinsi a non tirare una sola riga di matita prima di aver concluso la sceneggiatura».

E gli esordi?

«Avevo tentato con la Walt Disney ma, strada facendo, capii che non era il mio destino. Troppo buonismo, troppi limiti alla creatività del disegnatore. Il primo fumetto che pubblicai, nel 1990, era una serie di storie brevi, molto «underground», satiriche e piuttosto violente. Fu pubblicato in «Zio Tibia, la clinica dell’orrore», in coda alla storia principale. Poi seguì «Zompi», strisce grottesche che raccontavano le disavventure di uno zombie che, al posto di camminare, «zompava». Cioè, saltava. Erano anni in cui riuscivo a piazzare qualsiasi cosa mi saltasse in mente. Fantastico».

Gigi Simeoni ha creato una stupenda Milano d'inizio secolo in «Gli occhi e il buio». Ha mai pensato di ricreare una Brescia del passato (del presente o del futuro!) in una graphic novel?

«Ho un progetto sulle Dieci Giornate, che parla di una compagnia di commedianti di strada. Ma servono anni di studio, per avere un’ambientazione storica ineccepibile che si alterni a vicende di fantasia, sì, ma che non stridano col resto. Vedremo, al momento Dylan Dog non mi lascia più molto tempo libero».

LA MATITA

E LA SCRITTURA

Gigi Simeoni è nato a Brescia nel ’67: collabora con Bonvi per Nick Carter e con altri autori bresciani come Vietti e Olivares partorisce le serie Full Moon Project e Hammer, riproposta da Mondadori, lo scorso anno. Per Bonelli lavora come disegnatore per Nathan Never e come autore completo. Il romanzo a fumetti «Gli occhi e il buio» nel 2007 ottiene molti premi. Nel 2011 esce Stria, horror ambientato nelle valli bresciane: poi comincia l’avventura con Dylan Dog. Per la collana Le Storie ha in uscita due avventure: un western «disegnato (splendidamente) dall’amico bresciano Beppe Baiguera» («Dollari d’argento»), e una storia fantascientifica che vede ai pennelli l’esordiente Alessandro Giordano. «Giovanissimo, una rivelazione».

Simeoni è sposato e ha quattro figli. Ma si concilia bene il lavoro da casa con l'ipotetico caos di una maxi famiglia? «Per niente - risponde -. Ma amo le scommesse disperate. E le famiglie numerose».

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