«Master of None», il ritorno: una delle sorprese dell’anno

di Luca Canini
Naomi Ackie e Lena Waithe:  le protagoniste della terza, sorprendente stagione della serie «Master of None»
Naomi Ackie e Lena Waithe: le protagoniste della terza, sorprendente stagione della serie «Master of None»
Naomi Ackie e Lena Waithe:  le protagoniste della terza, sorprendente stagione della serie «Master of None»
Naomi Ackie e Lena Waithe: le protagoniste della terza, sorprendente stagione della serie «Master of None»

Quattro anni abbondanti. Una lunghissima pausa di riflessione che è servita ad Aziz Ansari per trovare qualcosa che valesse la pena di aggiungere alle prime due stagioni di «Master of None». D’altronde era stato chiaro il regista, comico, attore e produttore di origini indiane alla fine della seconda: «Al momento non so proprio dire se ne faremo una terza - aveva ammesso in un’intervista al sito Vulture -. Non sarei sorpreso se arrivato a questo punto sentissi il bisogno di staccare per un bel po’. Credo di dover diventare un uomo diverso per poter scrivere una terza stagione, magari sposandomi o avendo un figlio o qualcosa del genere. Non ho più niente da dire sull’essere un giovane single a New York». Non un addio ma qualcosa di molto simile; una porta lasciata socchiusa più per opportunità che per autentica convinzione. Con buona pace dei tantissimi che anche in Italia, tra il 2015 e il 2017, si erano affezionati al personaggio di Dev, ai suoi maldestri tentativi di sfondare nel mondo del cinema, alle sue goffe aspirazioni amorose, alla sua smodata passione per il cibo, alla cerchia di amici che gli ruotavano attorno (su tutti l’irresistibile Arnold, interpretato dal comico Eric Wareheim). Poi all’alba del 2020, quando anche i fan più ottimisti avevano ormai smesso di sperare, l’annuncio dell’agognato ritorno, con la terza stagione sbarcata su Netflix un paio di settimane fa. Gioia e giubilo! Basta perdere tempo con le regine degli scacchi e il trash iberico: Dev è di nuovo in città! E invece no. Lo avevamo lasciato di rientro da Modena, innamorato dell’italiana Francesca e maestro nell’arte della pasta fatta in casa, lo ritroviamo personaggio (molto) secondario in una mini-serie in cinque episodi (sottotitolo, «Moments in Love») che sembra più uno spin-off maledettamente serio (e meravigliosamente riuscito, diciamolo subito) che un terzo capitolo. Addio risate sofisticate servite con un Martini, comicità urbana da nipotino di Woody Allen, feste a Tribeca e concerti di Father John Misty: Ansari e il fido Alan Yang, coautore e coproduttore, cambiano tono e prospettiva, mettendo al centro della narrazione Denise (uno degli amici della famosa cerchia, la fantastica Lena Waithe) e sua moglie Alicia (Naomi Ackie, la Bonnie della serie «The End of the F***ing World»): una coppia di donne afroamericane alle prese con un matrimonio che fatica a stare in piedi, con le difficoltà dello scegliersi definitivamente, con il passaggio all’età delle vere responsabilità. Denise non è più la ragazzaccia delle prime due stagioni (ricordate l’epico coming out con i genitori durante il pranzo del Ringraziamento?): ha scritto un libro, è un’intellettuale ammirata, ha una splendida casa immersa nel verde del New England che condivide con una compagna di vita. Alicia le sta accanto, la incoraggia, la accudisce sognando con ostinazione da invincibile guerriera di avere un giorno un figlio tutto suo. La camera le segue pigra, quasi indolente. La regia di Ansari scandisce i ritmi all’insegna di un realismo elegiaco alla Bergman: inquadrature statiche, campi lunghi, colori freddi, montaggio esitante, la voce della divina Jessye Norman che di tanto in tanto buca il silenzio sulle note di Mahler, Satie e Strauss. Scampoli di vita e di umanità raccontati con studiato distacco, lasciando che le sfumature, le emozioni emergano in modo naturale, senza forzature melodrammatiche. Compare anche Dev ma è solo l’occasione per un ulteriore pennellata di nostalgia (ha una nuova compagna ma la storia è un disastro, vive con i genitori nel Queens e sembra avere smesso di sognare in grande). Si parla anche di integrazione, di barriere, inevitabilmente di neri e di bianchi, ma sono le due protagoniste, il loro sentire e sentirsi, a calamitare lo sguardo. Aziz Ansari è diventato quell’uomo diverso che alla fine della seconda stagione immaginava capace di scrivere la terza. Regalandoci una delle più belle sorprese dell’anno.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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