IL PERSONAGGIO

Turillazzi, autodidatta a 13 anni: ritrasse la Lollo, Twiggy e Virna Lisi

di Chiara Comensoli
Dai set cinematografici all'alta moda: fotografò la Schiaffino e la Cardinale, gli scorci di Trastevere e gli abiti di Valentino, Fendi e Capucci
Uno degli scatti per il comparto moda realizzati da Turillazzi e Gianni Turillazzi in un autoscatto
Uno degli scatti per il comparto moda realizzati da Turillazzi e Gianni Turillazzi in un autoscatto
Dai set cinematografici con la Cardinale a Trilussa tra gli scorci di Trastevere fino all'alta moda

«La luna piena minchionò la Lucciola / - Sarà l’effetto de l’economia, / ma quer lume che porti è deboluccio… / - Si - disse quella - Ma la luce è mia!». E la luce di Roma, calda, popolare e vigorosa, di una bellezza rumorosa e disordinata, Gianni Turillazzi la vide, la scelse, la immortalò per sempre. Eterna, come eterni sono i romani - nelle fotografie che li ritraggono nelle osterie di Trastevere, velate dalla penombra - abbarbicati, come la lucciola, attorno a quei lumi ridenti che dissipano l’oscurità e rivelano l’intensità arcaica dei sentimenti e delle bellezze millenarie. Gianni Turillazzi, nato a Brescia il 25 agosto 1939 e scomparso il 18 gennaio 2012, amava immensamente due cose: i versi sinceri di Trilussa e la fotografia. I primi lo ispirarono, la seconda gli consegnò la fama. È all’inizio degli anni ’60, infatti, che decise di realizzare un documentario per immagini di Trastevere: l’occhio vitreo della sua lente si poggiò là dove la povertà strideva meglio con la regalità teatrale della città, là dove il poeta della romanità metteva nero su bianco il contrasto fra la difficoltà e l’incanto della vita.

Gina Lollobrigida lo volle come fotografo personale e poi collega

«Mentre una notte se n’annava a spasso, / la vecchia tartaruga fece er passo più lungo / de la gamba e cascò giù / cò la casa vortata sottinsù. / Un rospo je strillò: “Scema che sei! / Queste sò scappatelle che costeno la pelle…” / - Lo so - rispose lei - Ma prima de morì, / vedo le stelle»: le immagini raccolte mostrano le crepe e le incrostazioni dei locali spogli, le merci accatastate di mercati in subbuglio, le stalle improvvisate all’interno di case che perdono calcinacci, ma anche i sorrisi sguaiati dei bambini, la dignità composta e frugale degli anziani, l’allegria spartana di musicanti e circensi. Quegli scatti, incredibilmente veri, incantarono Gina Lollobrigida, che dapprima lo volle suo fotografo personale e, poi, lo designò proprio collega nel progetto di fondazione di uno studio fotografico nella capitale. Le bellezze più incredibili del secolo sfilarono davanti alla macchina fotografica del Turillazzi, in grado di carpire tutti i loro segreti e di riprodurne le forme armoniose: quelle della Lollobrigida stessa, di Claudia Cardinale, Virna Lisi, Rosanna Schiaffino, Ewa Aulin, Twiggy e moltissime altre. Con le dive del cinema, del resto, aveva una certa dimestichezza: prima e durante la realizzazione del reportage su Trastevere lavorò come fotografo sui set cinematografici dei registi della Nouvelle Vague italiana, quella corrente filmica venuta d’Oltralpe insieme alla propria, tipica, tendenza all’idealizzazione dei personaggi e dei fatti.
Nulla di più adatto ad una sensibilità tesa non solo a raccontare la bellezza, ma a dare una possibilità anche a quella meno lampante, nascosta e rappresa nei pertugi più improbabili.

Le sue foto su Grazia, Vogue America e Harper’s Bazaar

Una ricerca fruttuosa: la moda haute couture lo consacrò e i suoi scatti comparirono sulle più celebri e prestigiose riviste di moda e beauty italiane e internazionali, come Grazia, Vogue America, Harper’s Bazaar, Elle France, Brigitte Germany, Woman Spain. Le pose estrose delle modelle, dai corpi affusolati come colonne fluttuanti fra tessuti leggeri e vaporosi, finirono sotto gli occhi dello stilista newyorkese, del collega fotografo francese, della sarta inglese, della ragazza sognante della chiassosa Trastevere: il gusto e l’eleganza italiani vennero immortalati per sempre e si cristallizzarono nell’idea splendente della «dolce vita». Valentino, Fendi, Sorelle Fontana, Roberto Capucci, Andrè Laug e altri importanti marchi di moda orbitarono attorno all’abilità fotografica di Turillazzi. È lontano quel giorno del ’52, nel quale ricevette in dono una Comet che imparò ad utilizzare da autodidatta. A 13 anni, forse, ancora non sapeva che, quelle mani da bambino che stringevano una macchina fotografica, erano come «un’ape che se posa / su un bottone de rosa: / lo succhia e se ne va… / Tutto sommato, la felicità / è una piccola cosa». •.

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