IL NOSTRO CONTEST

«Napoli», caffè e fantasia: a Sanpolino tazzine e sorrisi

Al banco c'è Assunta Chiavazzo che dalla Campania ha portato tradizione e passione. Dieci anni fa la svolta della vita: «Amo il mio lavoro e il contatto con tutti i clienti»
Assunta Chiavazzo dietro al bancone del suo bar di Corso Bazoli: tante le ore quotidiane di lavoro  ma la passione per tutto quello che riesce a fare la aiuta a superare ogni ostacolo
Assunta Chiavazzo dietro al bancone del suo bar di Corso Bazoli: tante le ore quotidiane di lavoro ma la passione per tutto quello che riesce a fare la aiuta a superare ogni ostacolo
Assunta Chiavazzo dietro al bancone del suo bar di Corso Bazoli: tante le ore quotidiane di lavoro  ma la passione per tutto quello che riesce a fare la aiuta a superare ogni ostacolo
Assunta Chiavazzo dietro al bancone del suo bar di Corso Bazoli: tante le ore quotidiane di lavoro ma la passione per tutto quello che riesce a fare la aiuta a superare ogni ostacolo

In un bar che si chiama «Napoli» il prodotto imperdibile non può che essere un caffè: certo, perché Napoli è nota nel mondo per le sue pizze e, appunto, i suoi caffè, ma soprattutto perché in questo bar di corso Bazoli a Sanpolino la barista, Assunta Chiavazzo, è di origini napoletane, anzi, precisa, «il mio paese sta tra Napoli e Salerno, anche se ormai sono bresciana, come del resto tutta la mia famiglia: mio padre da oltre 20 anni gestisce la pizzeria “Golfo di Napoli“ in zona Brescia ovest, a Urago Mella, e io sono qui dall’8 giugno del 2013: lavoro e abito a Sanpolino, dove sto benissimo».

Lavora con tanta passione per un mestiere che si è scelta: «Prima ero piazzaiola ma poi, in un momento di crisi esistenziale, ho deciso di dare una svolta alla mia vita aprendo qui, dove i muri sono di proprietà di mio padre ed è stato lui ad incoraggiarmi». Con il suo sorriso accogliente sempre sulle labbra, Assunta, è aiutata da «Olga che è qui con me da 10 anni, non mi ha mai lasciata in difficoltà ed è anche bravissima a fare i cappuccini con le decorazioni: ho imparato da lei piano piano e ora ci riesco pure io ma resta la sua specialità mentre io amo fare i caffè». La passione per questo prodotto tipicamente italiano è chiara non appena si varca la soglia del luminoso e colorato bar poichè dietro al bancone si trova la scritta: «Ma vi siete mai chiesti cos’è un caffè? Il caffè è una scusa. Una scusa per dire ad un amico che gli vuoi bene».

Assunta, con energica creatività, si è ingegnata per andare incontro alle esigenze di tutti: per esempio per le brioches ha deciso di comprarle vuote e riempirle a richiesta con diverse creme: pistacchio, nocciola, marmellata rossa e nocciolatte, che, spiega, «ha il sapore del kinder bueno bianco. Da subito ho dovuto imparare a fare i pirli e passo passo mi sono perfezionata e ho imparato a gestire al meglio tutto ciò che un bar deve offrire». E anche di più, perché da Asssunta si è sempre accolti con l’entusiasmo di chi ama il proprio lavoro: «Qui possono entrare tutti, basta che ci sia il rispetto verso di me e di chi lavora con me. Non ho mai avuto problemi, anche se in questi anni il quartiere è cambiato e la pandemia ha contribuito molto a questa trasformazione: ora la gente non esce più tanto la sera e dalle 10 non c’è quasi più nessuno in giro, se non dei ragazzi che vengono anche al mio bar a bere e giocare a carte, senza dare fastidio nessuno».

Il lavoro è sicuramente pesante, con un orario dalle 6 del mattino alle 11 di sera ma ad Assunta piace, in particolare le piace «il rapporto con le persone che una barista deve saper sviluppare – spiega – ed è giusto anche partecipare alle vita del quartiere: ho contribuito volentieri all’iniziativa dell’estate sospesa per dare l’opportunità a bambini di famiglie disagiate di frequentare il grest. Ho una figlia adolescente e so che cosa significhi sentirsi esclusi da ciò che fanno gli altri coetanei». Assunta è così determinata da aver retto bene anche la tempesta del Covid: «Non ero sola perché dietro a me c’è mio padre, la mia famiglia e anche in quel momento ci siamo aiutati a vicenda: la pizzeria poteva fare le consegne così qualche volta facevo la fattorina, mentre da quando i bar hanno potuto riaprire con l’asporto mi sono rimboccata le maniche ed ho superato a testa alta anche la crisi della pandemia». •. © RIPRODUZIONE RISERVATA