Tortura e abusi

Violenze in questura a Verona, chi sono i cinque poliziotti «inchiodati» dalle indagini dei colleghi

di Alessandra Vaccari
Ai cinque arrestati (sono ai domiciliari), oltre al reato di tortura di cui all’articolo 613 bis del Codice Penale sono stati contestati, a diverso titolo, anche i reati di lesioni, falso, omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio. Il questore: «È un’indagine che è durata diversi mesi, proprio perché esprime la volontà della Polizia di Stato di mettere a fuoco ciò che è accaduto e consentire all’autorità giudiziaria di arrivare alla verità processuale»
Indagine interna alla questura di Verona ha portato all'arresto di 5 poliziotti
Indagine interna alla questura di Verona ha portato all'arresto di 5 poliziotti
Indagine interna alla questura di Verona ha portato all'arresto di 5 poliziotti
Indagine interna alla questura di Verona ha portato all'arresto di 5 poliziotti

Era nell’aria da settimane. Radioscarpa era sintonizzata. E le voci con il passare del tempo diventavano sempre più concrete, con nomi ed incarichi dei poliziotti delle Volanti che sarebbero finiti nella bufera. Da una parte loro, quelli indagati per reati infami. Alcuni con molti anni di servizio, altri più giovani. Cinque le ordinanze di custodia (Alessandro Migliore, 25 anni, Loris Colpini, 51 anni, Federico Tommaselli, 31 anni, Filippo Failla Rifici, 35 anni, Roberto Da Rold, 45 anni), 23 i colleghi le cui posizioni sono al vaglio e già trasferiti ad altri incarichi.

Leggi anche
Verona, abusi e torture a stranieri e senzatetto: poliziotti arrestati

Dall’altra parte i colleghi che avevano messo telecamere e cimici per intercettazioni ambientali e telefoniche, sperando, soprattutto all’inizio, che il lavoro non portasse a niente. Loro che di solito spiano i delinquenti, stavolta «avevano sotto» i colleghi sospettati di reati che disonorano la divisa. Chissà quante volte in questi otto mesi gli uni e gli altri si sono incrociati nel piazzale interno a fumare una sigaretta, al bar della questura per bere un caffè o mangiare un panino veloce. Chissà.

Poliziotti che arrestano altri poliziotti

Ieri mattina è stato lo stesso personale della polizia di Stato di Verona a dare esecuzione ad una ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal Gip Livia Magri presso il Tribunale di Verona a carico di un ispettore e quattro agenti per presunti atti di violenza perpetrati nel periodo ricompreso tra il luglio 2022 e il marzo 2023, nei confronti di persone sottoposte, a vario titolo, alla loro custodia perché momentaneamente private della libertà personale. Altre le posizioni al vaglio. Per queste è escluso il reato di tortura, ma è da valutare l’omissione di atti d’ufficio per non aver denunciato certi comportamenti.

 

Le vittime che poi in alcuni casi hanno sporto denuncia sono sette, di cui 6 uomini (cinque stranieri) ed una donna, tutti con pregiudizi di polizia. Nessuno di loro, soprattutto in riferimento al reato ipotizzato di tortura ha un certificato medico che attesti le lesioni. Le torture si sono concretizzate in pugni, ceffoni e uso di spray al peperoncino senza poi aver permesso alle vittime di decontaminarsi. Le indagini, condotte per otto mesi dalla squadra Mobile di Verona, su delega della Procura della Repubblica, hanno contemplato anche l’uso di supporti tecnici e hanno riguardato comportamenti che si presume siano sfociati anche in atti gravemente lesivi della dignità delle persone sottoposte ad accertamenti di polizia.

Leggi anche
Il senzatetto: «Costretto a buttarmi nella mia pipì». L'altra vittima: «Non ricordo niente, ero drogato»

I reati: tortura, lesioni, falso, peculato e abuso d'ufficio

Ai cinque arrestati (sono ai domiciliari), oltre al reato di tortura di cui all’articolo 613 bis del Codice Penale sono stati contestati, a diverso titolo, anche i reati di lesioni, falso, omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio.
Le gravi vicende oggetto di accertamenti hanno formato oggetto di accurate e rigorose indagini delegate dall’autorità giudiziaria procedente alla Polizia di Stato di Verona la cui professionalità nell’azione investigativa è stata, peraltro, evidenziata dallo stesso Gip nell’ordinanza che ha disposto le misure cautelari. Il Gip ha parlato di «encomiabile efficienza e sollecitudine dimostrata nello svolgimento delle investigazioni».

I destinatari delle misure cautelari erano già stati trasferiti ad altri incarichi all’indomani della chiusura delle attività di indagine, quindi da alcuni mesi. Nelle more dei successivi accertamenti giudiziari, il questore Roberto Massucci ha altresì disposto la rimozione dagli incarichi di 23 persone che, pur non avendo preso parte a episodi di violenza, si presume possano non aver impedito o comunque non aver denunciato i presunti abusi commessi dai colleghi.

Il questore: «Salvaguardia della dignità delle persone»

«La sinergia sviluppata con la Procura della Repubblica da parte degli investigatori della Polizia di Stato dimostra che la Polizia di Stato non è disponibile a macchiarsi né per reticenza né per scarsa trasparenza. Ha dimostrato ancora una volta che la salvaguardia della dignità delle persone è un valore a cui noi ci ispiriamo e che ispira l’agire di centinaia di poliziotti che ogni giorno fanno interventi nell’interesse dei cittadini, a sostegno anche delle fragilità. I fatti che sono stati acclarati dalle indagini e che debbono avere ovviamente il loro sviluppo processuale sottolineano, e mettono bene in evidenza», ha detto il questore, «che non è un’indagine episodica. È un’indagine che è durata diversi mesi, proprio perché esprime la volontà della Polizia di Stato di mettere a fuoco ciò che è accaduto e consentire all’autorità giudiziaria di arrivare alla verità processuale».

E ha concluso: «Resta la fiducia nei confronti delle donne e gli uomini della questura di Verona», e ricordando le parole di un sovrintendente di Verona, tragicamente caduto in un conflitto a fuoco, «mi diceva che una volta messe le manette anche il peggiore criminale è una persona e come tale da rispettare sempre. Se qualcuno è venuto meno a questo principio è giusto sia la magistratura a valutarlo sulla base delle indagini che abbiamo sviluppato, come scritto dal Gip, in modo encomiabile».

 

Suggerimenti