«Continuavo a
ripetere a me stessa
che stavo bene»

di D.P.
Mario Lombardi (Richiedei)
Mario Lombardi (Richiedei)
Mario Lombardi (Richiedei)
Mario Lombardi (Richiedei)

«Soffro di anoressia da 27 anni». Lucia, 44 anni, ha iniziato il suo percorso all’ospedale Ronchettino, poi a Casa Moro, infine al Richiedei. Solamente lo scorso anno ha deciso di accettare un ricovero in day hospital, «l’ho fatto per mio marito e mio figlio». Suo figlio lo scorso anno l’ha vista mangiare per la prima volta ed è andato a scuola in lacrime dicendo «la mamma mangia». Ha visto briciole pesare come macigni, l’anoressia le aveva tolto il sorriso e la voglia di vivere. Lucia è convinta che non uscirà mai da questa malattia, ma sta imparando a conviverci. «Ho delle forti crisi ogni tanto – continua Lucia – il cibo mi fa ancora tanta paura». Di aiuto sono gli psicofarmaci e gli incontri con la dietista e gli psicologi. «Mi hanno dato l’invalidità, finalmente l’anoressia viene considerata una malattia invalidante».Arrivi a un punto in cui vuoi capire perché ti fai così male e vuoi conoscerti, andare oltre i numeri, le taglie e la ricerca della perfezione. SARA, 24 ANNI, studentessa di dietistica confessa: «Non mi imbarazza parlare del mio disturbo alimentare. Il ricovero è stata un’esperienza che mi è rimasta nel cuore». Arrivare ad accettare il ricovero è già una vittoria perché si ha la consapevolezza di avere un problema. Sara pensava che il vuoto potesse eliminare tutti i suoi dolori. Lo scorso anno perse 20 chilogrammi. «Ci ho messo tanto per capire di essere malata». La prima volta è andata al Richiedei per accontentare la sua famiglia, ma non si sentiva così malata da essere ricoverata. Nonostante la diagnosi di anoressia nervosa non si sentiva «abbastanza». Una parola che rimbomba nella mente di chi ha un Disturbo del comportamento alimentare. «Ci sono persone che stanno male davvero – continuava a ripetere – io sto bene». La situazione precipitò e fu costretta ad accettare il ricovero in day hospital. Cinque mesi per riprendersi la sua vita. «È stata la mia salvezza». Tante sono state le volte che ha pensato di mollare. «Spesso è più facile arrendersi piuttosto che affrontare le difficoltà». Sara torna al Richiedei ogni settimana per fare un controllo perché la guarigione non è immediata, ci vuole pazienza. «Da sola non ce l’avrei mai fatta». •

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