IL PROGETTO

«Violenza di genere: così abbiamo curato le cicatrici di Pinky»

I risultati raggiunti grazie al progetto RigeneraDerma che ha come partner scientifico il dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento dell’università di Verona
Nella foto, da sinistra, Sara Zecchetto, Maurizio Busoni, Pinky, Sheila Veronese e Andrea Sbarbati
Nella foto, da sinistra, Sara Zecchetto, Maurizio Busoni, Pinky, Sheila Veronese e Andrea Sbarbati
Nella foto, da sinistra, Sara Zecchetto, Maurizio Busoni, Pinky, Sheila Veronese e Andrea Sbarbati
Nella foto, da sinistra, Sara Zecchetto, Maurizio Busoni, Pinky, Sheila Veronese e Andrea Sbarbati

Si chiama Parvinder Aoulakh ma tutti la conoscono come Pinky. La donna di origini indiane cresciuta nel nostro Paese, porta sul volto e sul collo le cicatrici che le ha inflitto l’ex marito, indiano, impostole dalla sua famiglia di origine. Dopo le nozze tutto sembra scorrere in modo relativamente sereno e la coppia dà alla luce due figli. Ma iniziano i soprusi ai danni di Pinky, che culminano con l’evento che cambierà per sempre la sua vita: il 20 novembre 2015 a Dello il marito la cosparge di Diavolina liquida e la brucia davanti ai figli di 2 e 5 anni.

A distanza di anni da quel drammatico evento, la donna ha iniziato un percorso terapeutico di 12 sedute con Biodermogenesi®, i cui risultati sono stati presentati oggi, mercoledì 17 aprile, in una conferenza stampa al dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento dell’università di Verona. La storia di rinascita di Pinky si affianca a quella di Filomena Lamberti e Maria Antonietta Rositani che, proprio come lei, hanno beneficiato delle cure gratuite di RigeneraDerma.

Il progetto

Il progetto nasce da un’idea di Maurizio Busoni, ricercatore, docente del master di Medicina Estetica dell’università di Camerino e dell’università di Barcellona.Presentato già due volte alla Camera dei Deputati, si pone un nobile obiettivo: riparare il danno funzionale per migliorare la vita delle donne vittime di violenza di genere.

E lo fa offrendo a 500 persone la cura gratuita delle cicatrici con Biodermogenesi®, la metodologia per la rigenerazione dei tessuti cutanei, 100% italiana, presente in 32 Paesi nel mondo. Partner del progetto RigeneraDerma è l’università di Verona che vede impegnati in prima linea Andrea Sbarbati, direttore della sezione di Anatomia e istologia, e Sheila Veronese, ingegnere del dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento.

«La cura delle cicatrici rappresenta una sfida per la medicina, in quanto le terapie attualmente a disposizione non sempre consentono la guarigione dei tessuti lesionati. Il nostro gruppo di lavoro è da tempo impegnato nello sviluppo di terapie innovative in grado di limitare i danni sia estetici, sia funzionali legati alla presenza di cicatrici», sottolinea Sbarbati, ordinario di Anatomia Umana, direttore della sezione di Anatomia Umana e Istologia dell’università degli studi di Verona.

«Pinky è venuta alla nostra attenzione per delle ustioni diffuse al viso e al collo, presenti ormai da qualche anno. Dopo l’incidente ha subito numerosi interventi chirurgici, grazie ai quali ha recuperato in parte la regolare fisionomia del volto. Permaneva però tessuto cicatriziale fibrotico e deturpante nella parte medio-inferiore del volto e al collo. La cicatrice era molto ampia e le procurava un deficit di movimento del collo, con conseguente contrattura posturale della schiena.

Per trattare le cicatrici, nell’ambito del progetto RigeneraDerma, le è stato offerto un ciclo di sedute gratuito con metodologia Biodermogenesi®, che si basa sull’utilizzo di onde elettromagnetiche e vacuum. Questa metodologia ha dimostrato, grazie a numerosi studi scientifici, di rigenerare i tessuti cutanei. Le sedute effettuate sono state 12, una a settimana. Il trattamento è stato ben tollerato. Seduta dopo seduta abbiamo osservato un progressivo ammorbidimento dei tessuti e un assottigliamento delle cicatrici. È migliorata, inoltre, la postura e si è attenuata la contrattura alle spalle, secondaria alla cicatrice. Completato il ciclo di trattamenti, Pinky ha recuperato, inoltre, maggiore serenità nella sua vita», spiega Sara Zecchetto, Specialista in Medicina interna e medico estetico, che ha erogato le terapie pro bono.

«Ho valutato Pinky prima e dopo aver eseguito il trattamento delle cicatrici che ha sul viso e sul collo. Alla prima visita mi ha riferito una importante riduzione della qualità di vita ed una grande difficoltà nel dormire a causa del senso di fastidio e di peso che sentiva. C’era una limitata possibilità di muovere il collo in tutte le direzioni associata a dolore. Ho potuto, inoltre, osservare una aumentata rigidità delle aree cicatriziali grazie all’utilizzo di un particolare tipo di ecografia, detto elastonografia, che è in grado di misurare l’elasticità di un tessuto biologico», spiega Alessandro Picelli, associato di Medicina fisica e riabilitativa al dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento dell’università di Verona e vicepresidente della Società italiana di Riabilitazione neurologica.

«Trattare le cicatrici mi riaccendeva il trauma»

«All’inizio ero molto dubbiosa: non credevo che, grazie ai trattamenti, avrei ottenuto miglioramenti. Anche a livello psicologico non è stato semplice, poiché trattare le cicatrici mi riaccendeva i ricordi e il conseguente trauma. Quando ho iniziato il ciclo di cure avevo difficoltà nel muovere il collo e non riuscivo a rotearlo completamente. Sentivo la pelle che tirava, al punto tale che di notte non riuscivo a dormire, perché non trovavo una posizione comoda.  Oggi sento la pelle più morbida e non tira più come prima. Sebbene non sia ancora perfetta, la mobilità del collo è migliorata di molto e adesso la notte dormo. Durante i primi trattamenti avvertivo un minimo di fastidio che man mano è scomparso. Ho iniziato a percepire il trattamento come un massaggio, senza fastidio né dolori», racconta Pinky.

«Abbiamo intenzione di pubblicare i risultati ottenuti da Pinky perché in letteratura ci sono pochi studi che parlano dei danni fisici, reversibili e non, che le violenze di genere causano, e ancora meno che documentano terapie efficaci per risolvere o mitigare questi danni. Sembra quasi un tabù. Ed è ora, per il bene di queste persone, che lo violiamo», conclude Sheila Veronese, esperta di Medicina rigenerativa, si occupa di dispositivi bio-medicali, dal funzionamento alle interazioni fisiologiche al dipartimento di Scienze neurologiche, biomediche e del movimento dell’università degli studi di Verona. Oltre alle donne vittime di violenza, RigeneraDerma è aperta a persone di entrambi i sessi, economicamente svantaggiate. Le terapie sono erogate interamente pro-bono nei centri che aderiscono all’iniziativa su tutto il territorio nazionale.

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