Carè Alto, la vetta apre il panorama su tutto l’Adamello

di Andrea Ravarini
In discesa dal Carè Alto in un labirinto di crepacci sulla vedretta di Lares
In discesa dal Carè Alto in un labirinto di crepacci sulla vedretta di Lares
In discesa dal Carè Alto in un labirinto di crepacci sulla vedretta di Lares
In discesa dal Carè Alto in un labirinto di crepacci sulla vedretta di Lares

La scorsa settimana abbiamo raggiunto il Rifugio Carè Alto e la Bocchetta del Cannone. Da qui ci si porta verso quel che resta della vedretta di Conca, risalendo al lato destro gli sfasciumi tra la parte più verticale del ghiacciaio e le rocce della cresta, sino a un tratto con minor pendenza dove si attraversa verso sinistra. Raggiungiamo così l’attacco della Via Cerana, una paretina di 30 metri con difficoltà di terzo grado da superare lungo una fessura inclinata a sinistra. A oltre 15 metri dalla base si incontra un primo chiodo, per cui può essere utile integrare le protezioni con un friend (misura 2 o 3) o qualche cordino. Piegando poi a destra si sbuca sulla cresta, che si segue a lungo, incontrando tratti di divertente arrampicata, sino alla «Gobba d’Asino»: un affilato passaggio che si può percorrere a cavalcioni, o più elegantemente in appoggio sul lato sinistro usando come appiglio il filo di cresta. Superata una zona ricca di residui bellici, tra cui il volano di una teleferica e un’aerea baracca, si raggiunge la selletta dove converge la cresta Nord-Ovest: la cima è già in vista, ma manca ancora una breve parete appoggiata, che si supera lungo una fessura su roccia molto buona. Dalla croce di vetta il panorama si apre su tutto il gruppo dell'Adamello, con la Val di Fumo a picco sotto di noi. La discesa lungo la «normale» non è da sottovalutare: tornati alla selletta, evidenti bolli rossi indicano a sinistra la direzione. Con qualche passaggio in arrampicata, ci si porta nel punto dove quel che resta della pala di ghiaccio si trova alla distanza minore dal filo di cresta: alcuni chiodi e cordini permettono di allestire una o più calate in corda doppia. Nelle condizioni attuali due corde da 50 metri consentono un’unica e veloce calata oltre la crepacciata terminale. Si attraversa quindi la vedretta di Niscli in direzione Nord-Est, verso i laghetti al margine del ghiacciaio, a sinistra dello scoglio roccioso chiamato Sass de la Stria. Una palina metallica e alcuni ometti di pietra indicano un percorso più breve, che si ricollega all’itinerario classico (che passa invece dalla Sella di Niscli) poco prima dell’attraversamento del torrente su un particolare ponte costituito da due cavi di acciaio. Risaliamo la ripida scalinata che attraversa il Bus del Gatt per sbucare sulla terrazza del rifugio: da qui si rientra lungo il percorso di andata.

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