Accusa di una finta rapina un truffatore: ora rischia il processo per calunnia

di Paolo Cittadini
Rapina simulata: barista nei guai
Rapina simulata: barista nei guai
Rapina simulata: barista nei guai
Rapina simulata: barista nei guai

Aveva denunciato di essere stato rapinato e nei giorni successivi minacciato da un rom che era entrato nel suo locale chiedendogli di cambiargli un assegno da diecimila euro. «Quando però sono andato all'appuntamento per lo scambio, insieme a un complice (mai individuato) sono stato bloccato per un braccio e mi hanno portato via il denaro», aveva spiegato. Cinque anni dopo però, i fatti sono della primavera del 2015, il tribunale di Brescia ha assolto il nomade dalle accuse di rapina e minacce e rimandato gli atti in procura perché lì venga valutata la possibilità di accusare il titolare del bar, un trentenne che ieri ha anche ritirato la querela nei confronti del rom rinunciando così alla costituzione di parte civile e al risarcimento che difficilmente avrebbe ottenuto, di calunnia e (un'ipotesi di reato davvero difficile da dimostrare) di riciclaggio. IL TITOLARE DEL BAR della Franciacorta avrebbe quindi simulato la rapina per non dovere raccontare di essere finito con tutti e due i piedi nella rete del nomade, un sessantenne residente in un campo della provincia di Bologna e non nuovo a colpi di questo tipo. «Della rapina non ci sono riscontri – ha sottolineato nelle sue conclusioni il pubblico ministero Benedetta Callea – Dai tabulati telefonici sembra che i due nemmeno si siano incontrati quel giorno». E pure sulle minacce la procura ha nutrito forti dubbi. «Le telefonate sembrano essere partite dalla presunta vittima», ha aggiunto il pm che avrebbe voluto sentire in aula il trentenne. LA PRIMA SEZIONE penale del tribunale di Brescia ha fatto suoi i dubbi del pubblico ministero e assolto il nomade sessantenne restituendo gli atti alla procura perché valuti la possibilità di agire nei confronti del più giovane dei protagonisti della vicenda la cui dinamica è stata completamente ribaltata nell’aula di giustizia. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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