Epidemia di legionella Un caso senza risposte

A tre anni di distanza le cause dell’epidemia di legionella restano oscure
A tre anni di distanza le cause dell’epidemia di legionella restano oscure
A tre anni di distanza le cause dell’epidemia di legionella restano oscure
A tre anni di distanza le cause dell’epidemia di legionella restano oscure

L’origine dell’epidemia di legionella e polmonite batterica che tre anni fa investì la Bassa resta un mistero. Gli studi epemiologici condotti dall’Istituto superiore della sanità su Montichiari, Carpenedolo, Calvisano, Visano, Isorella, Remedello e Acquafredda, i paesi più colpiti hanno solo avanzato delle ipotesi. I ricercatori hanno ammesso nella relazione finale che «non si trovano precedenti nella letteratura scientifica di un’epidemia causata da sierogruppi di legionella pneumophila diversi dal tipo 1». I casi di contagio tra il Bresciano e la confinante provincia di Mantova furono 1.418 che provocarono 72 decessi. L’argomento è tornato al centro dell’attenzione del mondo scientifico internazionale grazie a un reportage di Sergio Perini, medico di Carpenedolo, che si è occupato da vicino della vicenda. La sua ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Science Publishing Group. «Questa epidemia - scrive Perini -, è stata espressione del malessere dell'area geografica epicentro dei focolai causato dall'impatto di vari degradi ambientali». E tra i problemi ecologici citati nello studio di Perini figura «la bassa portata del fiume Chiese nell'estate del 2018 dovuta allo sfruttamento delle acque da parte dell'agricoltura intensiva e alla presenza di 22 centrali idroelettriche lungo il suo corso». Sotto la lente anche la presenza di numerose torri di raffreddamento industriali con mancata mappatura degli impianti potenziali fonti del batterio da parte di Regione e Comuni. Anche lo smaltimento anomalo di fanghi nel bacino del Chiese imposto dell'enorme produzione di reflui zootecnici da parte degli allevamenti suini, bovini e avicoli, avrebbe secondo Perini giocato un ruolo nella diffusione dell’epidemia. Più marginale, ma non trascurabile «la presenza delle discariche a Montichiari, Rezzato, Ghedi, Calcinato e Bedizzole riempite con 12 milioni di metri cubi di rifiuti tossico-nocivi». Nella sola Bassa sono stati diagnosticati 878 casi di polmoniti di cui 64 sono stati individuati come legionellosi sierotipo 1. Non a caso l’Istituto superiore della sanità aveva parlato dell’evento come di un qualcosa di unico al mondo. •. V.Mor.

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