Pascoli fantasma, allevatori bresciani nei guai

di PA.CI.
Gli allevatori non avrebbero portato le mucche nei pascoli montani
Gli allevatori non avrebbero portato le mucche nei pascoli montani
Gli allevatori non avrebbero portato le mucche nei pascoli montani
Gli allevatori non avrebbero portato le mucche nei pascoli montani

Ci sono anche 10 aziende agricole bresciane, con i rispettivi titolari e amministratori, tra le 91 finite nell’inchiesta della procura di Sondrio che nelle scorse ore ha portata la Guardia di Finanza a sequestrare tra Piemonte, Lombardia e Veneto circa 10 milioni di euro. Secondo quanto accertato dalle Fiamme Gialle di Menaggio (in provincia di Como) gli imprenditori agricoli bresciani avrebbero fatto parte di un folto gruppo di allevatori che si sarebbero appoggiati a una banda di sette persone (a questi viene contestata l’associazione a delinquere) residenti nelle province di Sondrio, Como e Cremona che gli avrebbe permesso di ottenere indebitamente i contributi europei stanziati nel piano della Politica agricola comune (Pac), tra il 2007 e il 2014, e destinati al sostegno delle imprese del settore agricolo e montano. Quattro aziende sono di Ghedi le altre sei sono di: Pavone del Mella, Pontevico, Leno, Gambara, Isorella e Remedello. Complessivamente la Finanza ha sequestrato circa 450mila euro (tra denaro e immobili), il valore dei contributi che le aziende avrebbero ricevuto in maniera indebita tra il 2011 e il 2014. TRUFFA aggravata in concorso finalizzata all'indebito conseguimento di contributi europei il reato contestato agli imprenditori bresciani. Secondo quanto ricostruito dai finanzieri di Menaggio, le sette persone ai vertici della truffa e due società di servizi stipulavano nella zona dell'alto lago di Como e della Bassa Valtellina contratti di affitto agrario degli alpeggi e poi li subaffittavano ad aziende agricole (tra queste anche le bresciane) con sede in pianura offrendo poi a queste ultime un pacchetto documentale completo utile per poter richiedere all'Unione europea gli ingenti contributi. L’associazione (la «sede» era a Dubino, in provincia di Sondrio) forniva alle aziende anche il nome di allevatori (i «pascolatori» che hanno ammesso l’esistenza del sistema) da inserire nelle domande per ottenere i contributi. In alcuni casi lo stesso «pascolatore» era indicato in decine di richieste. ALLE AZIENDE bresciane viene contestata l'inosservanza dei regolamenti comunitari che consentono l'ottenimento di contributi alle imprese agricole che assicurino il mantenimento dei terreni in buone condizioni agronomiche e ambientali, attraverso la presenza fisica del bestiame sui terreni. Bestiame che mai però ha raggiunto i terreni oggetto del contributo dell’Ue. •

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