Prende a sassate i cani della vicina Tradito dal video

Il palazzo della Corte di Cassazione a Roma
Il palazzo della Corte di Cassazione a Roma
Il palazzo della Corte di Cassazione a Roma
Il palazzo della Corte di Cassazione a Roma

Aveva tentato di colpire i cani che si trovavano sul terrazzo di una vicina di casa, lanciando dei sassi dal basso di una palazzina e sperando di farla franca, ma l’uomo non ha fatto i conti con l’impianto di videosorveglianza che la donna aveva installato a tutela dei suoi animali e dell’appartamento. Nel confermare la condanna dell’imputato, un 73enne di Ghedi, la Cassazione ha respinto la tesi difensiva dell’imputato che ha sostenuto che non erano utilizzabili nel processo «le immagini degli impianti di videosorveglianza privata installati illegittimamente» in quanto, a suo dire, erano troppo invasive della privacy altrui. A sostegno della denuncia, la proprietaria dei cani aveva allegato le riprese video che erano l’unica prova contro l’uomo: lo ritraevano in pieno e la vicina lo aveva riconosciuto. Con riferimento ai filmati depositati dalla signora, i giudici affermano che «le riprese video allegate alla denuncia-querela non sono soggette alla disciplina delle intercettazioni e costituiscono invece prove documentali legittimamente acquisibili, mentre la tutela della riservatezza non è assoluta, ma sub-valente rispetto all’esigenza di acquisizione probatoria del processo penale». Dunque fanno fede i filmati delle telecamere private, anche quelle con un raggio d’ azione eccessivo. I supremi giudici sottolineano inoltre che la Corte di Appello di Brescia - nella sentenza emessa il 14 gennaio 2022 - ha ricostruito «in maniera approfondita il dolo diretto e intenzionale della condotta delittuosa» In favore della proprietaria dei cani sono state liquidate, a carico dell’anziano, 2.340 euro come condanna generica al risarcimento del danno. Anche se, fortunatamente, i cani presi di mira non erano stati colpiti, la Cassazione ricorda che - per dar luogo all’indennizzo - è «sufficiente l’accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso». Per la pretestuosità dei motivi di ricorso, l’imputato è stato anche condannato a versare 3mila euro alla Cassa delle Ammende e altri 1.900 euro per le spese legali sostenute dalla proprietaria dei cani nel giudizio in Cassazione. Non è nota invece l’entità della pena che gli è stata inflitta in quanto non trascritta nella sentenza.•.

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