Stalking alla barista,
condannato
all’«esilio

di Paolo Cittadini
Il romeno aveva reso la vita di una barista un vero e proprio inferno
Il romeno aveva reso la vita di una barista un vero e proprio inferno
Il romeno aveva reso la vita di una barista un vero e proprio inferno
Il romeno aveva reso la vita di una barista un vero e proprio inferno

Due anni e nove mesi di reclusione (il pubblico ministero ne aveva chiesti quattro) e allontanamento dall'Italia una volta scontata la pena. Questa la condanna inflitta dalla prima sezione penale del tribunale di Brescia nei confronti di un 39enne romeno arrestato lo scorso 7 novembre e finito a processo con l'accusa di tentata violenza sessuale e stalking ai danni di una barista quarantenne di Montichiari. L'immigrato, residente a Calvisano, secondo l'accusa per diversi anni avrebbe molestato la barista quando ubriaco la raggiungeva nel locale dove lavorava. «Diceva che voleva portarmi a letto e una volta è arrivato a buttarmi sul bancone mille euro – ha raccontato la vittima che non appena ha visto il romeno fuori dall'aula è stata colta da una crisi di panico – Quando poi il giorno dopo smaltiva la sbornia e gli passava l'effetto della cocaina mi chiedeva scusa. Per due anni è andata avanti così, ho dovuto cambiare anche posto di lavoro». Il 24 ottobre del 2019 il quarantenne sarebbe passato dalle parole ai fatti. «Era circa mezzanotte e stavo chiudendo il bar – ha ricordato –. Mi ha preso e messo contro il muro cercando di slacciarmi i pantaloni e infilarci una mano. Lui aveva già slacciato i suoi, mi sono messa a urlare ed è arrivato un finanziere in borghese che lo ha allontanato». I carabinieri le avevano suggerito di chiedere l'ammonimento al questore e così era successo. Il provvedimento era stato notificato al romeno il 7 novembre, poche ore prima di essere arrestato. «CHIUSO IL BAR sono andata nel locale di una amica e lì mi ha raggiunto – ha spiegato alla corte – Mi ha detto che mi avrebbe ammazzato. La mia amica ha chiamato i carabinieri che lo hanno arrestato. Ho paura per me e mia figlia: le persone che lo conoscono mi dicono che è pericoloso. La mia vita è cambiata. I suoi amici mi hanno detto che è meglio che ritiri la denuncia». Accuse che il 39enne muratore, è ai domiciliari da novembre e ha perso il lavoro, ha rimandato al mittente. «Ci conosciamo da otto anni. Posso avere fatto qualche complimento un po' troppo pesante – ha spiegato al collegio nell'udienza di ieri mattina – Ma non l'ho mai minacciata né ho provato a violentarla. Quando mi hanno arrestato ero in quel bar proprio perché non volevo andare dove lavorava lei. L'ho vista e ho cercato di chiarire e chiedere scusa. Per tutta risposta sono arrivati i carabinieri». E ora anche la condanna. •

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