Donne e povertà: l’emergenza Covid fa alzare l’allarme

Povertà e Covid: situazione che purtroppo si evidenzia anche a Brescia
Povertà e Covid: situazione che purtroppo si evidenzia anche a Brescia
Povertà e Covid: situazione che purtroppo si evidenzia anche a Brescia
Povertà e Covid: situazione che purtroppo si evidenzia anche a Brescia

•• Non più acuta ma cronica. Come una vera malattia: la povertà a Brescia ha toccato il picco nella primavera scorsa, con una crescita verticale, poi si è attestata a livelli «patologici». Ed è soprattutto femminile: l’ultimo rapporto di Caritas nazionale alla fine del 2020 puntava l’attenzione sulla fatica di essere donne, con quasi mezzo milione di espulse dal lavoro: l’emergenza sanitaria ha cancellato quasi l’80 per cento dell’occupazione femminile creata fra il 2008 e il 2019. L’accesso femminile ai servizi è aumentato dal 50,5 per cento al 54,4, tranne che nei dormitori dove, dicono gli operatori, le donne arrivano poco e troppo tardi. Perché per le donne non esiste solo il problema della solitudine, ma quello del sovraccarico, con i soldi che non entrano, gli asili per un periodo chiusi e i nonni impossibilitati o da seguire a loro volta. Tante donne si sono viste fra i volti inediti che sono saliti del 45 per cento nel 2020, di cui oltre la metà italiani. Dovendo tracciare l’identikit prevalente di chi si rivolge a Caritas, era uscito il disegno di una signora con oltre 34 anni, italiana, sposata, con figli, con un tetto e relative spese. Conferma Marco Danesi, vice direttore di Caritas diocesana: secondo quanto si sta rilevando nei servizi e nelle parrocchie, il massimo delle richieste di aiuto si è toccato fra marzo e aprile 2020, poi la pressione si è un po’ allentata ma è rimasta a livelli ben più elevati del 2019, anno in cui si sperava di lasciare alle spalle la grande crisi e non si sapeva che ben altro si stava abbattendo sull’umanità intera: «Se allora, nel Bresciano, la domanda di cibo, di generi di prima necessità, la domanda di ascolto era salita di oltre il 30 per cento, adesso siamo rimasti fermi al +20 per cento. Se alla mensa Menni, sette giorni su sette, siamo arrivati a distribuire 240 borsine con pranzo e cena, ora si siedono ai tavoli della sala ristrutturata, distanziati 40 alla volta, in 170-180, contro i 150 della norma precedente, sabato escluso». Anche nel nostro territorio sono aumentate le donne che chiedono aiuto per sé o per la famiglia e sono aumentati, in proporzione, gli italiani. La fila per i pacchi alimentari nelle Caritas parrocchiali persiste, ma non è solo quello che manca, come denunciano i centri di ascolto: «Povertà e disagio- spiega Danesi - hanno fatto crescere i problemi economici ma anche le tensioni relazionali, gli equilibri sono diventati precari. Non sono scomparsi solo i soldi; il prolungarsi della pandemia sta pesando molto nelle realtà più fragili. L’allarme lavoro per padri, madri e figli è come un macigno e la gran parte grava sulle donne. Per di più siamo tutti con il fiato sospeso, perché la fine del blocco dei licenziamenti potrebbe portare a un nuovo boom di sos. Per un certo periodo abbiamo pure dovuto rallentare alcuni punti di riferimento, lasciare a casa i volontari che anche ora cerchiamo di coinvolgere il minimo indispensabile perché il pericolo permane». Nel rifugio di Mompiano è stata ripensata l’organizzazione: aggiunti locali per le quarantene, apertura h24 per gli stessi 21, mentre prima i posti potevano giungere a 24, «e non è semplice gestire gli isolamenti». L’unico dato positivo per Caritas è la collaborazione rinata con gli enti locali, nuova anzi in alcuni casi, e la sinergia tra associazioni: «La speranza è che questo dialogo virtuoso rimanga in futuro per dare migliori risposte. Abbiamo capito che non solo siamo sulla stessa barca ma che, se non vogliamo affogare, dobbiamo remare insieme».•.

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