«Il Congo era nel suo cuore. Mancherà a questo popolo»

di Flavio Marcolini
Da destra a sinistra, il console italiano, padre Franco Bordignon, l’ambasciatore Luca Attanasio, padre Amato Sebastiano, padre Gianni Magnaguagno insieme sabato sera scorsoIl luogo in cui è stata fermata l’auto dell’ambasciatore italiano
Da destra a sinistra, il console italiano, padre Franco Bordignon, l’ambasciatore Luca Attanasio, padre Amato Sebastiano, padre Gianni Magnaguagno insieme sabato sera scorsoIl luogo in cui è stata fermata l’auto dell’ambasciatore italiano
Da destra a sinistra, il console italiano, padre Franco Bordignon, l’ambasciatore Luca Attanasio, padre Amato Sebastiano, padre Gianni Magnaguagno insieme sabato sera scorsoIl luogo in cui è stata fermata l’auto dell’ambasciatore italiano
Da destra a sinistra, il console italiano, padre Franco Bordignon, l’ambasciatore Luca Attanasio, padre Amato Sebastiano, padre Gianni Magnaguagno insieme sabato sera scorsoIl luogo in cui è stata fermata l’auto dell’ambasciatore italiano

Luca Attanasio, l'ambasciatore italiano ucciso in Congo lunedì insieme al carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e all'autista Mustapha Milambo, era un diplomatico anticonformista, veloce, intelligente e schierato dalla parte degli ultimi. Fervente cattolico, con spirito di servizio ha lavorato a lungo al fianco dei missionari saveriani nel paese africano. Fra di essi c'è il gardesano padre Gianni Brentegani, ex superiore regionale in Congo, ora giornalista delle riviste bresciane Missionari Saveriani e Missione Oggi. «L'ambasciatore - racconta - era stato ospite della Casa regionale dei saveriani a Bukavu sabato 20 e domenica 21 febbraio. Ufficialmente era in visita agli italiani di quella regione per prenderne le impronte digitali e facilitarne così il rinnovo dei passaporti, senza costringerli ad andare nella capitale Kinshasa, distante 2 mila km, in un tempo difficile per i a causa della pandemia da Covid-19. Pure l’anno scorso si era recato a Bukavu per esprimere vcinanza agli italiani e anche in quell’occasione era stato ospite dei saveriani». Padre Gianni Magnaguagno ricorda: «Sabato l’ambasciatore era molto contento di aver avuto il consenso dal governo congolese per l’adozione di bambini soli e abbandonati: sinora l’Italia è il solo paese che è riuscito ad ottenerlo. Aveva poi parlato dei progetti umanitari a sostegno dei bambini di strada nutriti con l’aiuto del Programma alimentare mondiale. Avevamo cenato insieme e poi era ripartito per Goma domenica mattina dopo la messa. Siamo molto tristi per questo assassinio e desolati per il dolore della sua famiglia». «Fra noi c'era grande simpatia - aggiunge padre Giovanni Querzani - sabato al suo arrivo, appena mi ha visto, ha salutato con grande benevolenza e ha chiesto dei nostri bambini; anche lui era padre affettuoso di tre graziosissime bimbe. Ci rimarrà un ricordo meraviglioso di questo ambasciatore speciale, luminoso, entusiasta e attivo che, oltre a distinguersi per la reale vicinanza a noi italiani, operava con sincero impegno per il bene del Congo e dei congolesi». La dinamica dell'attentato è ora al vaglio degli inquirenti. «Le tre auto - racconta padre Brentegani - erano dirette a visitare un progetto finanziato dall’Italia a nord di Goma, nel Parco Virunga, dove operano almeno tre gruppi armati, con morti tutti i giorni ormai da tempo. Probabilmente il gruppo armato voleva solo sequestrarli a scopo di estorsione; molti congolesi facoltosi sono stati vittime di sequestri in quella zona. Qualcuno potrebbe averne segnalato la partenza da Goma: un muzungu, un bianco in lingua swahili, che si sposta in quella zona è senz’altro nel mirino dei gruppi armati. Ma la missione dell'Onu per la stabilizzazione in Congo aveva assicurato che si trattava di un’area piuttosto tranquilla. L’ambasciatore è stato ucciso, probabilmente per la reazione dei rangers, un aspetto che dovrà essere chiarito. «C’è anche da chiedersi - osserva il missionario - come mai in quella strada parallela al confine con il Ruanda continuino ad agire quasi indisturbati gruppi armati. Basterebbe un accordo tra i due paesi per metterli fuori gioco. Manca forse la volontà politica di metter fine a queste scorribande, che causano tanta morte e paura, per mantenere invece un clima di confusione, per allontanare la popolazione autoctona dalle proprie terre, le più ricche del paese, e lasciarle in balia dei gruppi armati che controllano le miniere di materie prime importanti, diamanti, oro, coltan?. Contribuirà questo sacrificio - si domanda padre Gianni - a far luce su una terra oscurata da abusi, violenze e terrore? L'attentato di lunedì è solo la punta dell’iceberg di una tragedia immane, che si consuma ogni giorno in quell’area».•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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