Il Covid e la lunga crisi piegano il commercio: a rischio 1.800 attività

Vetrine chiuse e serrande abbassate: Brescia fa i conti con la crisiLa crisi e il Covid mordono il commercio bresciano SERVIZIO FOTOLIVE
Vetrine chiuse e serrande abbassate: Brescia fa i conti con la crisiLa crisi e il Covid mordono il commercio bresciano SERVIZIO FOTOLIVE
Vetrine chiuse e serrande abbassate: Brescia fa i conti con la crisiLa crisi e il Covid mordono il commercio bresciano SERVIZIO FOTOLIVE
Vetrine chiuse e serrande abbassate: Brescia fa i conti con la crisiLa crisi e il Covid mordono il commercio bresciano SERVIZIO FOTOLIVE

Oltre 1.800 attività bresciane potrebbero non farcela a superare la crisi generata dalla pandemia. «Un bollettino di guerra», risultato del dossier di Confesercenti secondo il quale solo in Lombardia sarebbero a rischio chiusura, entro la fine dell’anno, 7.500 pubblici esercizi e oltre 1.700 negozi nel settore della moda. L'intera provincia rappresenterebbe il 20% del totale, con più di 1.500 tra bar e ristoranti e quasi 350 negozi moda in bilico. Numeri stimati ancora parziali che impressionano e potrebbero peggiorare. Lo si nota ovunque, in ogni angolo della città. Ma a saltare maggiormente all’occhio è la situazione nel centro storico: il fulcro dello shopping bresciano en plein air. Perché in tempo di Covid la posizione centrale non costituisce un punto di forza: le limitazioni stringenti e la difficoltà economiche, accompagnate da una diffusa paura di uscire da casa o di entrare in un luogo chiuso per tanti potenziali clienti, pesano profondamente sul bilancio di un'attività. Solo in corso Palestro le vetrine rimaste al buio sono 16: circa 1 su 5. Un quadro desolante, figlio della crisi generata dalla pandemia che non ha fatto altro che acuire, in alcuni casi, problematiche già esistenti. «La mazzata finale» di un anno vissuto in stato di emergenza, tra Dpcm, lockdown e fasce di rischio. L'impossibilità di riuscire a vedere la fine, scoraggia e demoralizza e si traduce in numeri impietosi che non lasciano spazio ad alcun dubbio. Una situazione ancora più tragica in corso Mameli, con 19 serrande abbassate su quasi 60: 1 su 3. Bar, pasticcerie, fornerie, negozi di abbigliamento hanno definitivamente gettato la spugna. Una vetrina dietro l'altra, sconfitte dalle conseguenze di un virus dilagante e che, alla luce degli ultimi dati, non dà tregua al territorio: accade nelle piazze e nelle vie più centrali, di quelle solcate quotidianamente da un continuo passaggio di persone e nei vicoli meno battuti. Quasi in controtendenza la vivacità commerciale di corso Garibaldi, con sì qualche chiusura ma pure nuove aperture. Un’eccezione, perché a distanza di un anno il Covid continua a mietere vittime anche sul fronte imprenditoriale. Un copione previsto e temuto, denunciato a più riprese dai negozianti e dalle associazioni di categoria. Fino a qualche settimana fa gli annunci di chiusura si trasformavano in veri e propri messaggi di commiato, un addio alle scene e un ringraziamento ai clienti. Ora si spengono le luci e si abbassano per sempre le serrande in un totale e impressionante silenzio. A calare il sipario piccole botteghe a conduzione familiare ma anche grandi catene, che decidono di spostarsi in altri luoghi (spesso nei centri commerciali). Nessuna categoria è esente dalla crisi, ma i più penalizzati risultano essere non solo bar e ristoranti ma anche le attività connesse all’abbigliamento e alle calzature. Ad aprire invece molti esercizi pubblici votati al take away, al consumo veloce o alla moda del momento. Tanti i ristoranti dal sapore esotico pronti a nascere: i poke hawaiani, i «cino-giappo» ormai diffusissimi e gli immancabili fast-food americani.•.

Suggerimenti