LA VERTENZA

«Il lavoro non si tocca». Le fabbriche bresciane a fianco della Timken

Quinto giorno di presidio all’azienda metalmeccanica, la cui chiusura è stata annunciata lunedì dalla multinazionale americana a cui fa riferimentoAlla Timken si discute, con un futuro molto incertoGli striscioni dei sindacati all’esterno dello stabilimento di Villa Carcina
Quinto giorno di presidio all’azienda metalmeccanica, la cui chiusura è stata annunciata lunedì dalla multinazionale americana a cui fa riferimentoAlla Timken si discute, con un futuro molto incertoGli striscioni dei sindacati all’esterno dello stabilimento di Villa Carcina
Quinto giorno di presidio all’azienda metalmeccanica, la cui chiusura è stata annunciata lunedì dalla multinazionale americana a cui fa riferimentoAlla Timken si discute, con un futuro molto incertoGli striscioni dei sindacati all’esterno dello stabilimento di Villa Carcina
Quinto giorno di presidio all’azienda metalmeccanica, la cui chiusura è stata annunciata lunedì dalla multinazionale americana a cui fa riferimentoAlla Timken si discute, con un futuro molto incertoGli striscioni dei sindacati all’esterno dello stabilimento di Villa Carcina

«Il lavoro non si tocca!»: è lo slogan che ha accompagnato lo sciopero dei metalmeccanici bresciani, proclamato da Fim, Fiom e Uilm di Brescia. Uno stop alla produzione «per dire no ai licenziamenti e per chiedere di avere soluzioni concrete e positive alle crisi aziendali aperte a livello nazionale». Ma non solo. Ieri, i dipendenti delle fabbriche del settore sull’intero territorio provinciale hanno incrociato le braccia: quattro ore ad ogni fine turno. Ad aderire numerose realtà del settore raggiungendo, in molti casi, un’elevatissima partecipazione. Picchi del 90% in alcune aziende del made in Brescia: Alfa Acciai, Eredi Gnutti, Ettore Bresciani, Fonderie Bresciani, Trafilerie Gnutti. L’80% delle risorse si è fermata in Abert, Enolgas Bonomi, Fonderie Mora Gavardo, Metalfer e Valvosanitaria Bugatti. All’Iveco l’adesione è stata al 75% per cento. Tante, dunque, le aziende che hanno raccolto l’appello sindacale per manifestare anche solidarietà e sostegno ai 106 dipendenti della Timken di Villa Carcina, a cui lunedì mattina è stata annunciata l’improvvisa chiusura dello stabilimento. Momenti sentiti e partecipati si sono registrati proprio nel presidio permanente davanti allo stabilimento valtrumplino «con l’arrivo, in maniera del tutto spontanea - come spiega Antonio Ghirardi, segretario generale della Fiom di Brescia - di diversi addetti del settore, proprio per testimoniare la propria vicinanza». Presidio che continuerà ad oltranza finché non ci saranno risposte rassicuranti dalla proprietà. «Dopo lo sblocco dei licenziamenti voluto dal governo Draghi e dalla Confindustria nei giorni scorsi alcune aziende e multinazionali, tra cui Gkn, Whirlpool, Gianetti hanno avviato le procedure per il licenziamento di centinaia di lavoratori, a questi si aggiungono gli oltre 100 dipendenti della Timken di Villa Carcina ai quali è stata comunicata la cessazione delle attività pur non avendo problemi di mercato e di volumi - ribadiscono i sindacato -. Si tratta di decisioni inaccettabili che colpiscono l’insieme del mondo del lavoro, che vanno contrastate con fermezza da tutti i metalmeccanici per difendere l’occupazione, il reddito dei lavoratori, per impedire la riduzione della capacità industriale del paese ed evitare che altre aziende seguano questi negativi esempi e per rivendicare, allo stesso tempo, investimenti e politiche industriali in tutto il Paese». La buona adesione allo sciopero «è espressione di una diffusa sensibilità verso le tematiche sollevate dal sindacato, destinate a dare un chiaro segnale affinché - sottolinea Stefano Olivari ai vertici della Fim di Brescia - la politica possa occuparsi costruttivamente di argomenti così importanti». È arrivato anche un invito al Governo ad utilizzare le risorse europee del Pnrr «per innovare il sistema produttivo del Paese, realizzare la transizione ecologica e digitale, dare soluzioni alle tante crisi aperte e creare nuova e stabile occupazione». Il tutto deve essere però accompagnato da «una riforma degli ammortizzatori sociali ma anche dal vincolare le ingenti risorse pubbliche destinate alle imprese a precisi scopi sociali: difesa dell’occupazione, superamento della precarietà, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro». Fondamentale, specificano, «intervenire su Confindustria per rispettare l’avviso comune sull’utilizzo degli ammortizzatori sociali sottoscritto con Cgil, Cisl e Uil, dare soluzioni alle crisi aperte e aprire con il sindacato tavoli di confronto nei principali settori industriali».•.

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