Iniezioni mortali, lo shock e i dubbi

di Paolo Cittadini
Il presidio ospedaliero di Montichiari è finito al centro dell’inchiesta della procura di Brescia che ha fatto finire ai domiciliari il primario, ora sospeso, del pronto soccorso
Il presidio ospedaliero di Montichiari è finito al centro dell’inchiesta della procura di Brescia che ha fatto finire ai domiciliari il primario, ora sospeso, del pronto soccorso
Il presidio ospedaliero di Montichiari è finito al centro dell’inchiesta della procura di Brescia che ha fatto finire ai domiciliari il primario, ora sospeso, del pronto soccorso
Il presidio ospedaliero di Montichiari è finito al centro dell’inchiesta della procura di Brescia che ha fatto finire ai domiciliari il primario, ora sospeso, del pronto soccorso

È stato fissato per venerdì mattina l’interrogatorio di garanzia nei confronti di Carlo Mosca, il primario facente funzioni (è stato immediatamente sospeso dal suo ruolo dalla direzione dell’Asst Spedali Civili) del pronto soccorso dell’ospedale di Montichiari arrestato lunedì mattina con l’accusa di omicidio volontario per avere somministrato a marzo di un anno fa farmaci letali a due pazienti affetti da Covid. «NON HO mai fatto quelle iniezioni - si difende il medico finito agli arresti domiciliari - Sono sotto shock per le accuse che mi sono state mosse, ma allo stesso sereno perché voglio dimostrare la mia estraneità a questa vicenda». Parole che il medico, difeso dagli avvocati Miche Bontempi e Elena Frigo, dovrebbe ripetere anche venerdì davanti al gip Angela Corvi che, su richiesta della procura di Brescia, ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti. Per il giudice però: «Deve ritenersi che Mosca abbia somministrato i farmaci menzionati non per una intollerabile leggerezza, imprudenza o per effetto di una inescusabile imperizia, bensì nella piena consapevolezza dei presupposti della sua condotta e con la volontà di uccidere». Per gli inquirenti, il 47enne medico cremonese (residente a Mantova) avrebbe somministrato il Propofol e la Sucinilcolina, due farmaci ad effetto anestetico e bloccante neuromuscolare ai due pazienti (un 61enne e un 80enne di Isorella e Ghedi) che solitamente si usano nella fase immediatamente precedente alla sedazione e all’intubazione del malato. I due malati non sarebbero però stati intubati e la somministrazione avrebbe portato prima ad una depressione polmonare e quindi alla loro morte. A FARE scattare l’indagine dei carabinieri del Nas coordinati dalla procura di Brescia è stata la denuncia di un infermiere del presidio ospedaliero di Montichiari che ai militari aveva raccontato di come il primario del pronto soccorso si sarebbe comportato con i pazienti poi deceduti. «Io non ci sto ad uccidere pazienti solo perché vuole liberare dei letti», il contenuto di uno dei messaggi inviato via WhatsApp da un infermiere ad un collega e finito agli atti dell’inchiesta scattata quasi un anno. «Io non ci sto, questo è pazzo». Quattro le morti finite sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti. Per tre era stata disposta la riesumazione dei cadaveri, mentre una delle vittime era stata cremata subito dopo la scomparsa. L’autopsia eseguita dai medici legali dell’università di Padova, aveva rilevato all’interno di tessuti ed organi, la presenza del farmaco anestetico e miorilassante che avrebbe dovuto essere somministrato seguendo un rigidissimo protocollo. Nelle cartelle cliniche dei pazienti però quelle somministrazioni non erano state indicate. Per il gip che ha disposto l’arresto l’ex primario del pronto soccorso avrebbe potuto reiterare il reato. «Non si può ritenere- scrive il giudice nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita lunedì mattina - Che Mosca abbia agito dietro consenso delle vittime o comunque per finalità pietistiche se solo si considera che egli somministrava loro un preparato che paralizza i muscoli ma non agisce in alcun modo sullo stato di coscienza, provocando così una penosa morte per soffocamento». •

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