Moretti firma la rivoluzione della tradizione

Leonardo Pedrali, Vittorio e Valentina Moretti con Evans Zampatti
Leonardo Pedrali, Vittorio e Valentina Moretti con Evans Zampatti
Leonardo Pedrali, Vittorio e Valentina Moretti con Evans Zampatti
Leonardo Pedrali, Vittorio e Valentina Moretti con Evans Zampatti

L’idea era quella di aprire una riflessione a più voci sull’evoluzione del concetto e delle funzioni delle cantine vitivinicole, chiarendo le implicazioni che le scelte progettuali e costruttive hanno sul rapporto con il paesaggio. Con questo spirito Moretti SpA, azienda fondata nel 1967 da Vittorio Moretti in Franciacorta con all’attivo la realizzazione di oltre 300 cantine in tutta la Penisola, ha affrontato la tavola rotonda aperta a imprenditori, enologi e progettisti «La cantina: architettura di sintesi tra vino e territorio» che ha chiuso il Vinitaly 2019. Ad approfondire il tema sono stati i professionisti del vino come il Presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella, e l’enologo di Bellavista Mattia Vezzola. Al tavolo anche maestri dell’architettura come il cileno Smiljan Radic e l’italiano Fiorenzo Valbonesi, affiancati da economisti specializzati in marketing territoriale come Magda Antonioli Corigliano, direttore del Master in Economia del Turismo all’Università Bocconi, studiosa esperta di enoturismo. Tra loro Evans Zampatti, amministratore delegato di Moretti SpA, e Leonardo Pedrali, del team di progettazione tecnica dell’azienda di Erbusco con le conclusioni saranno affidate a Valentina Moretti, Vicepresidente di Moretti SpA. «CHI MI CONOSCE – ha ricordato Vittorio Moretti – sa che le due più grandi passioni che mi accompagnano da tutta la vita sono due: l’edilizia e la vinicoltura. Nasco come costruttore e mi sento ancora tale. Costruire cantine rappresenta dunque, per molti aspetti, una sintesi di queste mie due passioni. E non è un caso che la prima sperimentazione sia stata proprio in Bellavista. Da allora sono oltre 300 le cantine che abbiamo realizzato come Moretti SpA in tutta Italia. Nel farlo, abbiamo sempre cercato di ottenere un risultato: la qualità. Nella messa a punto dei sistemi costruttivi per le cantine ipogee, nelle scelte tecniche e architettoniche, nella selezione e nell’integrazione dei materiali, nella gestione del cantiere». Qualità e rispetto dell’ambiente. «Qualità che si traduce in cantine non solo belle da vedere, ma anche ideali da vivere in tutti i loro aspetti - ha ribadito Moretti -: da quelli legati alla produzione e all’affinamento a quelli che hanno a che vedere con lo stoccaggio e la logistica, fino agli aspetti dell’accoglienza e dell’incontro con i nostri consumatori e dell’integrazione nel paesaggio». Stesso piglio rimarcato dall’amministratore delegato. «TUTTI NOI conosciamo bene come la cantina abbia visto associare alle funzioni primarie di luogo di produzione, affinamento e stoccaggio del vino quelle di spazio privilegiato in cui il consumatore entra in contatto con il mondo che sta dietro a questo vino: la visione imprenditoriale, la storia di un’etichetta, il territorio da cui nasce – spiega Evans Zampatti – . In questo processo evolutivo, il ruolo del progettista è andato ad acquisire una centralità sempre maggiore. Al progettista è stato infatti affidato il compito di interpretare l’identità dell’azienda e del territorio, per tradurle in volumi e linee capaci di marcare la specificità e comunicare con il pubblico». Di più. «L’edilizia industrializzata dimostra di poter offrire delle soluzioni efficaci alle urgenze dello scenario contemporaneo - ha spiegato Valentina Moretti chiudendo l’incontro -: dall’ottimizzazione dei tempi e dei costi, alla capacità di favorire l’integrazione di materiali diversi e il perfetto inserimento nel paesaggio, facilitando realizzazioni ipogee, particolarmente richieste». • Giuseppe.spatola@bresciaoggi.it

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