Produrre acqua sulla Luna? Sul progetto la firma bresciana

di Flavio Cammarota
L’uomo vuole tornare presto sulla Luna: magari anche per restarci
L’uomo vuole tornare presto sulla Luna: magari anche per restarci
L’uomo vuole tornare presto sulla Luna: magari anche per restarci
L’uomo vuole tornare presto sulla Luna: magari anche per restarci

Dopo una pausa durata più di cinquant’anni l’uomo è pronto a rimettere piede, per provare a restarci, sul nostro unico satellite naturale: la Luna. Ma per farlo occorre prima di tutto risolvere alcune questioni, sia tecniche che di sopravvivenza. E se per le prime ormai non ci sono più grossi ostacoli, non si può dire altrettanto per le seconde: protezione dalle radiazioni cosmiche, l’ossigeno, il cibo, l’acqua, sono solo alcuni dei grattacapi che affliggono quotidianamente gli scienziati di tutto il mondo.

Ma fortunatamente per l’«oro blu» sembra essere arrivata la soluzione. Ed un po’ è anche merito di un bresciano: il suo nome è Riccardo Freddi, 35 anni, «bresciano fatto e finito e fiero di esserlo» fa sapere orgogliosamente. Iniziando nel 2013 come System Engineer al Dipartimento di Ricerca e Innovazione, dal 2019 lavora come Program Manager (ovvero è il responsabile della pianificazione complessiva e del controllo di uno o più progetti) alla OHB Italia SpA, una delle principali aziende aerospaziali italiane.

Riccardo Freddi e OHB-Italia in collaborazione col Politecnico di Milano hanno condotto con successo un esperimento (Isru, acronimo di “In situ resource utilisation”, sostenuto dalle Agenzie spaziali italiana, ed europea) che permette l’estrazione dell’ossigeno dalla regolite, l’insieme dei sedimenti che compongono lo strato più esterno della superficie lunare contenente minerali che si trovano anche sulla Terra. L’acqua la si ricava da un processo a due stadi, entrambi ad alta temperatura, togliendo alla polvere metallica idrogeno e ossigeno e ricombinandoli con un processo termochimico, in acqua.

«In una fornace speciale - spiega Freddi - è stata inserita della polvere simile a quella lunare e portata ad alta temperatura insieme a gas inseriti a parte. A questo punto l'atomo di ossigeno si attacca alle particelle di carbonio e viene trasportato verso il secondo stadio come gas di anidride carbonica o di ossido di carbonio. Con un secondo forno e una seconda reazione chimica si produce ghiaccio di H2O. Questo tipo di tecnologia è tutta italiana ed un pochino, anche bresciana».

Anche se da sette anni lavora a Milano, Riccardo non ha affatto dimenticato cosa vuol dire essere bresciano: «Come la maggior parte dei nostri concittadini non sono mai stato un tipo di molte parole ma ho sempre preferito far parlare i fatti. Non ho mai pensato anche solo per un secondo né di mollare né di perdere l’entusiasmo per quello che facevo e faccio, anche quando le cose diventavano difficili». In realtà però per il manager bresciano c’è stato un momento in cui la sua forza è venuta leggermente meno facendolo un attimo vacillare: «Ricordo che ero all’ultimo anno di liceo, studiavo al Leonardo e dovevo scegliere quale percorso universitario intraprendere. Io all’epoca ero propenso per Ingegneria dell’automazione al Politecnico; un amico però mi propose invece di provare ingegneria aerospaziale. In quei giorni ero molto combattuto ma alla fine ha prevalso il mio amore per lo spazio. A distanza di anni posso dire con certezza che quella fu la scelta giusta».

Oltre alla gestione degli aspetti programmatici dei progetti, i compiti di Riccardo includono anche la preparazione di proposte di progetto, la gestione del lavoro tecnico come coordinatore delle attività e ingegnere di sistema. Inoltre, attua collaudi elettronici, termici e strutturali degli impianti: «Infine mi occupo anche della gestione degli aspetti finanziari e di bilancio dei progetti, compreso il coordinamento della manodopera coinvolta». Alla domanda se i suoi genitori sono fieri del lavoro che fa, Riccardo risponde così: «Mi hanno sempre sostenuto nelle mie decisioni. Non spiego loro nel dettaglio quello che faccio ma sono ugualmente entusiasti dei traguardi che sto raggiungendo. Mia madre, Marisa Cantoni, è la mia prima sostenitrice. Mio padre, purtroppo, l’ho perso da poco. Lui già prima era fiero di me quindi, sono sicuro che anche adesso lo è».•.

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