Salma del re
Ex internati
tra le valigie

di Luciano Ranzanici
Il rientro in Valcamonica dei resti in un ex internato nei lager tedeschi
Il rientro in Valcamonica dei resti in un ex internato nei lager tedeschi
Il rientro in Valcamonica dei resti in un ex internato nei lager tedeschi
Il rientro in Valcamonica dei resti in un ex internato nei lager tedeschi

Il volo di Stato e i successivi onori con i quali è stata traslata e accolta in Italia la salma di Vittorio Emanuele III hanno suscitato lo sdegno dei familiari degli ex internati civili e militari e della stessa federazione di Brescia dell’associazione degli ex deportati. Nadia Facchini, volontaria dell’Anpi, che da anni si occupa proprio del ritorno in patria delle spoglie dei camuni internati, ricorda la fatica e le spese che si devono fronteggiare per dare degna sepoltura ai loro resti. Lei si è adoperata anche per il rimpatrio delle spoglie dello zio Giovanni, artigliere deceduto a 22 anni nel campo di concentramento di Modlereuth e rientrato a Braone nel 2014. «Dopo aver individuato i cimiteri (prevalentemente in Germania, ma anche in Polonia ed Austria) nei quali erano state inumate le salme - spiega Facchini - abbiamo avviato le pratiche che costano fino a 2000 euro e oltre, per il rimpatrio. Talvolta la cassettina con i resti avvolta con il tricolore è stata imbarcata con le valigie dei passeggeri di un volo di linea e poi scaricata come un bagaglio qualunque, e se il ritiro da parte delle famiglie tardava di un giorno, qualche volta è scattata addirittura una penale». Grazie ad un ricercatore veronese, Roberto Zamboni, che dal 1994 a sue spese raccoglie notizie sugli internati italiani deceduti nei campi di concentramento, è stato possibile avviare le pratiche per il ritorno delle salme, che dopo essere state quasi dimenticate, fortunatamente vengono ora accolte e accompagnate dal picchetto d’onore fino alla loro inumazione nei cimiteri dei paesi d’origine. L’abrogazione della legge che ne impediva il rientro, ha poi facilitato il compito dei famigliari.

UNA PRESA di posizione ufficiale viene anche dalla Federazione bresciana dell’Anei, che attraverso il proprio presidente Maria Piras, anche vice presidente nazionale, avalla in pieno la posizione di Nadia Facchini: «Sono 1500 i soldati bresciani morti nei lager nazisti dopo l’8 settembre 1943. Sono stati quasi 50 mila quelli morti in tutta Italia. L’Associazione ex internati non dimentica il loro sacrificio e le difficoltà anche economiche incontrate dalle famiglie nel riportare le salme dei loro cari, ove fu possibile». Piras ritiene che «al re che ha dato sostegno al fascismo, che ha avallato con la sua firma le leggi razziali, che fuggendo dopo l’8 settembre ha abbandonato un milione di soldati al loro tragico destino, non si nega la pietas dovuta ai morti. Ricordando però la sua responsabilità nella morte di milioni di persone e nella distruzione anche economica dell’Italia, va dato un giudizio di inopportunità per aver usato mezzi pubblici nel riportare la salma di Vittorio Emanuele III in Italia. Come associazione siamo poi assolutamente contrari all’uso del Pantheon come luogo di sepoltura definitiva».

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