Soli, delusi, sfiniti: è l’infinito lockdown degli adolescenti

di Michela Bono
Per gli adolescenti bresciani sono stati due anni davvero complicati
Per gli adolescenti bresciani sono stati due anni davvero complicati
Per gli adolescenti bresciani sono stati due anni davvero complicati
Per gli adolescenti bresciani sono stati due anni davvero complicati

Dall’isolamento forzato alla solitudine. Anche se non esiste più un lockdown formale, molti ragazzi non sono più usciti dal loro guscio. Gli ultimi due anni pesano, sono crollate le certezze sul prossimo futuro. Quarantena, dad, tamponi. Quarantena, dad, tamponi. Il virus continua a prendere il centro della scena. Gli adolescenti sono stufi, affaticati, demoralizzati. Lo ha scritto anche il cantante Ultimo: «I bimbi non socializzano da due anni e i ragazzi non escono più di casa. Possibile che nessuno ne parli?». La fatica a uscire dalla propria zona di sicurezza, a staccarsi da videogiochi e social è un problema. Per fortuna c’è chi capisce di aver bisogno di aiuto e si rivolge agli sportelli psicologici che il Comune ha attivato in 20 scuole medie di Brescia. Gestiti dalla cooperativa la Vela, offrono aiuto un prezioso aiuto gratuito. «C’è molta richiesta, a volte sollecitata dai docenti, tanto che in alcune scuole abbiamo dovuto ampliare il servizio» rivela Annunziata Nastro, psicologa e coordinatrice. Nell’anno scolastico 2019-20, svolto solo a metà per il lockdown, gli alunni che hanno richiesto un intervento sono stati 427 dalla prima alla terza, 150 maschi e 277 femmine. Nel 2020-21 le richieste sono state 375, calate a causa della dad intermittente e delle quarantene. La media è di tre o quattro incontri ciascuno. «Quest’anno le seconde e terze, avendole già conosciute, sono più propense a chiedere. Per questo avremo sicuramente numeri più alti dello scorso anno – prevede Nastro -. Sono emerse fatiche legate all’ansia da prestazione per la scuola e all’ansia sociale. La mancanza di valvole di sfogo come lo sport e l’incertezza sulla routine di vita pesano molto». Ma, attenzione, la pandemia è stata solo un il detonatore che ha fatto scoppiare fragilità già latenti. Lo conferma Cristian Marmaglio, educatore della cooperativa Il Calabrone che gestisce gli sportelli psicologici alla Pastori, al Gambara, al Cfp Zanardelli e al Lunardi, e presta consulenza educativa ai docenti del Leonardo: «Ci lamentiamo che i nostri figli si chiudono in camera per giocare a Fortnite, ma il mondo virtuale l’abbiamo creato noi - rimarca Marmaglio -. In quel momento loro stanno uscendo di casa perché giocano con i loro amici dall’altra parte degli schermi. Anche se fa comodo ai genitori ritagliarsi tempo mentre i figli usano questi strumenti, dobbiamo riorientarli a vivere anche in questo mondo». Demonizzare in toto il virtuale, però, è sbagliato perché i problemi sorgono quando internet diventa occasione per allontanarsi dalla realtà e non è più un gioco: «Non va proibito, ma conosciuto e dosato insieme a loro. Anche sapere con chi si collegano è una buona norma». È urgente tornare ad avere uno sguardo attento ai giovani, continua Marmaglio, «restituire loro visibilità, dignità e quel protagonismo sociale che hanno dimostrato di saper gestire con intelligenza e innovazione». Uno spaccato della situazione lo si avrà a maggio, quando si tireranno le somme del progetto +Brescia, che Il Calabrone sta conducendo con il Comune in undici istituti, in contrasto alle dipendenze. «Stiamo realizzando con l’Università Cattolica una ricerca sul tema del futuro, una traiettoria più indefinita rispetto al passato, che ci permetterà una supervisione di quanto sta succedendo nel mondo giovanile, cogliendone i mutamenti».•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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