«Teatri chiusi,
amarezza. Cultura
no bene primario»

di Vincenzo Spinoso
I palchi del teatro Grande visti dalle poltroncine di platea  FOTOLIVE
I palchi del teatro Grande visti dalle poltroncine di platea FOTOLIVE
I palchi del teatro Grande visti dalle poltroncine di platea  FOTOLIVE
I palchi del teatro Grande visti dalle poltroncine di platea FOTOLIVE

I teatri sono nuovamente chiusi. Il decreto del Governo da oggi sbarra nuovamente le porte anche ai luoghi di interesse culturale che, proprio dopo essersi attrezzati per rispettare le norme, avvertono la nuova imposizione come uno schiaffo ancora più forte. Il termine della chiusura fissato per il 24 novembre, inoltre, è un’illusione alla quale nessuno crede: «La situazione ci lascia amareggiati – commenta Umberto Angelini, sovrintendente e direttore artistico della Fondazione del Teatro Grande di Brescia -. Comprendiamo le necessità di salute pubblica, ma al contempo ci sfuggono le considerazioni secondo le quali alcune attività economiche possano andare avanti: sembra che la cultura non sia un bene primario. I teatri chiusi rappresentano uno svantaggio per i cittadini, ancora prima che per i lavoratori». L’indagine dell’Agis (Associazione generale italiana dello spettacolo), secondo la quale da giugno a oggi in tutti i teatri d’Italia ci sarebbe stato solo 1 contagio, fomenta il risentimento di chi lavora nel settore: «I numeri dicono che i teatri non rappresentano dei focolai, nonostante la possibilità di contagio esista ovunque, sia ben chiaro – continua Angelini -. Quello che non capisco è il favorire altre attività economiche: io per esempio, da appassionato di calcio, mi chiedo perché i calciatori possano calcare i campi e gli attori non i palcoscenici. C’è inoltre da considerare i risvolti di tipo giuridico, legale ed economico: ci sono accordi con gli artisti, biglietti da rimborsare, contratti con i lavoratori, tutte questioni che non sono normate con precisione dal Dpcm; per esempio, il Covid-19 rappresenta una causa di forza maggiore? Questo, così come altre regole, non è specificato dal Governo, il che può aprire contenziosi difficili da risolvere in tempi brevi, e incompatibili con le esigenze dei consumatori. Ciò che mi interessa più di tutto, più delle coperture economiche, che in qualche modo dallo Stato arriveranno – conclude così Angelini – è il rapporto col pubblico. Quello si distrugge in un mese ed è difficile da ricomporre». ANCHE la stagione del Teatro Sociale è ovviamente a rischio, con tutte le conseguenze annesse, tra cui il dispiacere del direttore del Ctb Gian Mario Bandera: «La mia posizione nei confronti della chiusura si allinea a quella delle Associazioni di categoria regionale e nazionale. Con molto rammarico ci adeguiamo a quanto ci viene richiesto, consapevoli che teatri e cinema sono luoghi molto più sicuri rispetto ad altri. Nei confronti del teatro – commenta – si poteva avere un’attenzione maggiore, in quanto stavamo svolgendo una funzione di ripartenza dal punto di vista umano. Premesso che nessuno di noi vuole ergersi a giudice laddove non gli competa, penso che fosse importante considerare anche un altro fattore, ovvero quegli studi che dicono che i teatri non rappresentano dei focolai di contagio». Durante la quarantena in primavera, il Ctb aveva organizzato una corposa proposta in streaming, che potrebbe essere ripresa in considerazione: «Decideremo come procedere, sicuramente resteremo vicini agli spettatori con ogni forma possibile, sperando che non ci sia una seconda quarantena. Rimborseremo chi non sente più il desiderio di venire». •

Suggerimenti