L'EMERGENZA

«Terza ondata, Brescia stavolta è in anticipo sulle altre province»

di Eugenio Barboglio
La pandemia corre sotto la spinta delle varianti che oramai sarebbero almeno il 40 per cento dei casi scoperti dopo il tampone. Natalini (Poliambulanza): «Le nostre Terapie intensive hanno dato un aiuto in primavera e autunno, ora il Covid ha colpito prima qui»
Giuseppe Natalini, primario del reparto di terapia intensiva in Poliambulanza
Giuseppe Natalini, primario del reparto di terapia intensiva in Poliambulanza
Giuseppe Natalini, primario del reparto di terapia intensiva in Poliambulanza
Giuseppe Natalini, primario del reparto di terapia intensiva in Poliambulanza

«La differenza tra quello che sta succedendo adesso e quello che è successo fino a qualche settimana fa è che ora la provincia di Brescia è in anticipo sulle altre province lombarde», spiega il responsabile della Rianimazione della Poliambulanza, Giuseppe Natalini. In sostanza, cosa è avvenuto? Che c'è stata un'inversione di tendenza. Il virus nei primi mesi dello scorso anno ha cominciato a diffondersi nel Cremonese, nel Lodigiano, nella Bergamasca. E sono stati gli ospedali di quelle zone i primi a riempirsi, velocemente, di ammalati, fino alla saturazione. A quel punto, toccò alle strutture sanitarie bresciane correre in aiuto. Per le terapie intensive del Civile, di Poliambulanza si trattò di aprire le porte a questi pazienti, ricoverando i Covid che le autoambulanze sbarcavano in Pronto soccorso, provenienti da ospedali in crisi. «Qui avevamo posti covid nelle Terapie intensive - dice Natalini - prima ancora che ci fossero pazienti Covid». Nella seconda ondata, lo scorso autunno, cambia poco, se non le priorità geografiche del virus. Che stavolta si accanisce sulla città metropolitana di Milano. La dinamica, tuttavia, per gli ospedali bresciani rimane la stessa. Ancora una volta svolgono, nella fase iniziale, una funzione di seconda linea. Aprendo ai pazienti milanesi terapie intensive che, in estate, erano state riconsegnate ad altre patologie. La Terapia intensiva della Poliambulanza in tempi normali ha una quindicina di postazioni, e a quei numeri era tornata. Con il 2021 lo scenario cambia. Sono, infatti, cambiate le modalità con le quali si muove il virus, e in particolare la sua variante inglese. Stavolta è bresciano il primo e più intenso focolaio. E la conseguenza è che le Terapie intensive di ospedali come Civile o Poliambulanza alzano progressivamente la percentuale di pazienti «domestici», fino ad oltre il 90 per cento. Ma soprattutto avviene che questa volta siano loro a riempirsi per prime e a dover trasferire nelle strutture delle province vicine. Tra novembre e dicembre la Poliambulanza ha riaperto la ex palestra, dove erano stati ricavati posti letto di Terapia intensiva d'emergenza nella fase più acuta della pandemia. «Ma le postazioni di Terapia intensiva hanno limiti tecnologici e di professionalità», spiega Natalini. Nel senso che non si creano in quattro e quattr'otto. «Se c'è, fin che c'è, la possibilità di trasferire in altri ospedali vicini, lo facciamo. Meglio così che curare in situazioni meno ottimali».La Poliambulanza, che ha di nuovo convertito diversi reparti da non Covid a Covid, pur senza pareggiare la rivoluzione della scorsa primavera, ha pieni i 16 letti di Terapia intensiva e altri 12 li ha mantenuti per altre patologie. E il Civile è pieno a quota 27. «Una situazione in linea con le richieste di Regione Lombardia» precisa il dottor Natalini. È tuttavia evidente che i piani regionali e nazionali di potenziamento delle Terapie intensive e in generale delle strutture sanitarie, varati e finanziati nella scorsa estate, sono stati realizzati in minima parte, e sono in ritardo rispetto alla velocità della pandemia. Difronte alla crescita del contagio, anche l'Ordine dei medici di Brescia ha lanciato un appello: «I nostri ospedali sono nuovamente in grande difficoltà nell'accogliere e prestare assistenza ad un numero sempre maggiore di malati. Si è già costretti a trasferimenti fuori dalla provincia. Chiediamo che coloro i quali, a livello locale, regionale, nazionale, sanitario e politico, hanno la responsabilità ed il dovere di assumere decisioni, anche impopolari, le assumano, ora». .

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