Zanotti ai pm: «Un taxista mi ha venduto ad Al Qaida»

di Paolo Cittadini Mario Pari

Paolo Cittadini Mario Pari Nelle tre ore in cui è stato sentito in caserma, dai Ros, a Roma, ha ripercorso quei tre anni. Gli anni di quello che è passato alle cronache come il «sequestro anomalo». Sergio Zanotti, bresciano ha riferito dei momenti passati in questi tre anni, durante i quali e fino a i giorni scorsi, ha spiegato, è rimasto nelle mani dei rapitori. Nella deposizione ci sono state le ragioni di quel viaggio in Turchia, il modo in cui è stato sequestrato e tanto altro. Tanto, al punto da rendere necessarie delle pause per quell’uomo che quando, in queste ore, si è specchiato, ha faticato a riconoscersi. «Sembro avere 15 anni in più rispetto a quelli che ho», ha confidato al termine dell'interrogatorio al procuratore aggiunto Francesco Caporale e al sostituto Sergio Colaiocco che lo hanno ascoltato a partire dalle 9 del mattino. Ai due magistrati Zanotti ha raccontato l’inferno vissuto in questi tra anni. «Tutto è iniziato a metà aprile del 2016 - ha spiegato - In quel periodo ero senza lavoro, così ho deciso di andare in Turchia. Volevo acquistare dinari antichi da rivendere in Europa dove nel mercato della numismatica hanno un valore». Zanotti si è quindi spostato nella zona di Hatay a pochi chilometri dal confine con la Siria. «Ci sono arrivato utilizzando degli autobus - ha ricordato il 59enne -Non c’è stato alcun problema. L’incubo è iniziato quando ho deciso di dare fiducia a un taxista abusivo». UNA VOLTA in auto Zanotti sarebbe caduto in una trappola finendo nelle mani dei miliziani di Al Queida. «È stato il taxista a vendermi a loro - ha proseguito il 59enne - Sono stato narcotizzato da due persone e quando mi sono risvegliato ero in una casupola nella zona di Aleppo». La data la ricorda con precisione. «Era la sera del 14 aprile del 2016 Da quell’area Zanotti non si sarebbe mai spostato. I suoi carcerieri lo avrebbero però trasferito in più occasioni da una prigione all’altra. «Almeno dieci sono stati i trasferimenti che ho dovuto fare - ha aggiunto ai magistrati che sembrano avere creduto alle sue parole - Erano spostamenti molto brevi. Per questo dico di non avere mai lasciato l’area intorno ad Aleppo. In questi tre anni non ho mai incontrato altri sequestrati». Per mesi di lui non si è più saputo nulla. Fino a quando il 15 novembre del 2016 è stato diffuso in rete dal sito russo Newsfront un video in cui, inginocchiato e sotto la minaccia di un uomo armato, Zanotti chiedeva aiuto all'Italia. «Intervenite - diceva l’imprenditore bresciano, barba lunga e con indosso una tunica - Solo così eviterete la mia esecuzione». A maggio del 2017 un secondo video. ««Oggi è il primo maggio. Mi chiamo Zanotti Sergio. Questo è il secondo richiamo che mi lasciano fare», le sue parole. «In una giornata ho girato diversi video con cambi di abito e cambi di scenario - ha raccontato l’imprenditore bresciano agli inquirenti -. Sembrava quasi di stare in una fiction». Zanotti ha inoltre spiegato di non essere stato maltrattato dagli uomini che lo hanno tenuto prigioniero. «Mi hanno trattato abbastanza bene - ha ammesso - Non sono mai stato tenuto in catene. Se non quando dovevamo girare i video che poi venivano postati in internet».La sua lunga deposizione all’interno della del Ros in via Salaria, a Roma, sembrerebbe avere convinto gli inquirenti capitolini che da tempo avevano preso in mano il fascicolo relativo al suo sequestro di persona. UN RACCONTO, quello fatto dal 59enne imprenditore di Marone, che chi indaga sulla sua sparizione giudica «particolarmente utile a chiarire le modalità del sequestro» che apparivano complesse perché, come sostengono gli inquirenti «mancavano testimonianze idonee a sgomberare i dubbi». Non ci sarebbe quindi nessuna fuga volontaria o scomparsa necessaria per nascondere problemi economici dietro questi tre lunghi anni. Un inferno da cui è uscito soltanto venerdì quando direttamente il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha dato la notizia della sua liberazione arrivata al termine «di una complessa e delicata attività di intelligence, investigativa e diplomatica, condotta in maniera sinergica» • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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