Se l’asilo è un acquario e l’autobus un pollaio

Li chiamiamo cuccioli, i nostri cuccioli, quando appena nati poppano il latte materno, poi continuiamo a chiamarli cuccioli anche quando gli cresce la barba e portano a casa un diploma. Sarà che con i figli abbiamo un rapporto animalesco: sono le nostre creature indifese, la continuazione della specie, insomma cuccioli, perché avere figli è una delle cose della vita in cui ci sentiamo più simili agli animali. Ma a volte si esagera con l’accostamento zoologico, e non sempre per colpa dei genitori. A Carpenedolo all’asilo scendono fiotti di pioggia dai soffitti e bisogna raccogliere l’acqua con le bacinelle per evitare che i bimbi si ritrovino in un acquario, dovendo ritornare pesci in un’evoluzione al contrario. Da grandi poi, sul Garda, andranno alle scuole superiori intruppati su autobus stipati all’inverosimile, come galline in un pollaio. Cuccioli, pulcini, pesciolini. Ma ci sono leggi sul benessere animale, o no?

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