La Leonessa

Tra i vigneti gelati, un segno dei tempi

Gelata d'aprile tra i vigneti del Garda e della Valtenesi
Gelata d'aprile tra i vigneti del Garda e della Valtenesi
Gelata d'aprile tra i vigneti del Garda e della Valtenesi
Gelata d'aprile tra i vigneti del Garda e della Valtenesi

Meno Internet e più Cabernet: per potersi finalmente raccapezzare su quella fricassea di teorie e di algoritmi che va sotto il nome di «mutamenti climatici», non serve tanto consultare on line gli abstract dai papers di qualche università della bassa o media California, quanto invece domandare ai contadini di Muscoline o di Bedizzole, che magari ne sanno di più. La gelata che qualche notte fa ha massacrato i vigneti di mezza riviera del Garda, spiegano prostrati sui fiori delle piante percosse e inaridite, non è più l’eccezione ma la regola: ai tempi dei loro padri, spiegano i viticoltori, le gelate d’aprile capitavano una volta ogni trentennio, ma negli ultimi cinque anni ce ne sono state tre. Dicono che l’estate scorsa ha grandinato cinque volte (grandine seria, ma molto seria) e che non si può più parlare di calamità: questi, affermano, sono proprio i mutamenti climatici. Ma che fare? Dicono che la gelata ha falcidiato le piante più veloci, più avanti con la crescita, Chardonnay, Marzemino, mentre ha risparmiato le più lente, Cabernet, Groppello, Turbiana. Forse saranno questi fenomeni a decidere per noi che tipo di vino berremo in futuro. Oppure, potremmo deciderci a intervenire, a fare qualcosa prima che trabocchi il vaso.

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